venerdì 27 ottobre 2017

ANACARDI: proprietà e usi

Gli ANACARDI, per il loro contenuto in triptofano, sono alimenti del buonumore. Antidepressivi naturali che calmano la fame e migliorano la qualità del sonno.
Gli anacardi sono semi oleosi prodotti da alberi tropicali della famiglia delle Anacardiaceae.
La pianta, ,Anacardium occidentale, è originaria del Brasile ed è presente nelle regioni tropicali ed equatoriali dell’America centrale e meridionale. Attualmente viene coltivata nelle aree tropicali di tutto il mondo.
L’anacardio, o anacardo, anche chiamato “melo di acagiù”,  produce un frutto (mela di acagiù), con una polpa succosa, ricca di vitamina C, a cui è attaccato un ulteriore guscio contenente la noce (noce di acagiù).
La forma del frutto o achenio è reniforme, simile al rene, e di colore biancastro che si scurisce con la tostatura
 I frutti (acheni) sono considerati al pari della frutta secca, come le noci, le mandorle … e appartengono alla stessa famiglia dei pistacchi. Si consumano anche non tostati, ma solitamente si trovano tostati.
L’anacardio è avvolto da una sostanza, caustica e tossica, utilizzata dall’industria per produrre insetticidi e vernici e che viene rimossa  per rendere il seme commestibile, per questo motivo gli anacardi acquistati si devono presentare ben puliti dalla pellicina.
Della pianta si utilizza, per la produzione di conserve, oltre al frutto, il suo peduncolo.
Dagli anacardi, per spremitura, si ottiene un olio alimentare commestibile.

COSA CONTENGONO GLI ANACARDI

Come il resto della frutta secca, gli anacardi sono molto calorici.

Contengono circa il 50% di lipidi, cioè grassi. Gli acidi grassi contenuti sono per la maggior parte grassi monoinsaturi (54% circa), acido oleico, in minor parte grassi polinsaturi e saturi; non contengono colesterolo. L’acido oleico è il grasso principale  contenuto nell’olio di oliva (75% circa).

La parte proteica (circa il 35%) comprende  aminoacidi come l’arginina, l’acido aspartico, l’acido glutammico, ma anche metionina, cistina e triptofano.

Gli anacardi contengono anche carboidrati e fibre, per questo sono alimenti completi da consumare preferibilmente da soli.

La presenza di elevate quantità di proteine, grassi e carboidrati rendono gli anacardi un alimento molto energetico ma allo stesso tempo più difficile da digerire rispetto ad altri frutti secchi.

Contengono Ferro, Potassio, Rame, Fosforo, Selenio, Zinco e Calcio, mentre le vitamine presenti  sono, la vitamina E, la tiamina o vitamina B1, acido pantotenico o  B5, riboflavina o  B2, la vitamina B6 e la vitamina B3. Contengono buone quantità di vitamina K, vitamina antiemorragica.
Complessivamente apportano circa 598 Kcal per 100 grammi.

QUALI SONO I BENEFICI? SONO ANTIDEPRESSIVI, ANTIANSIA, ANTICOLESTEROLO …

Gli anacardi, come la frutta secca in generale, hanno un notevole apporto calorico. Anche se sono meno grassi, rispetto ad altri semi oleosi, non bisogna abusarne. All’interno di una dieta varia ed equilibrata si possono consumare 2 o 3 razioni settimanali in virtù dei benefici che ne derivano.

Vediamo quali sono i benefici derivanti dal loro consumo.

-         Il TRIPTOFANO contenuto è un aminoacido essenziale che deve essere introdotto attraverso l’alimentazione, ma è importante sottolineare come questo aminoacido sia il precursore della, più famosa, SEROTONINA, l’ormone del buonumore. La serotonina è un neurotrasmettitore sintetizzato dai neuroni del sistema nervoso centrale, ma anche da alcune cellule dell’apparato gastrointestinale (l’intestino è il nostro secondo cervello) che è coinvolta nella regolazione dell’umore, del sonno, della sessualità, dell’appetito e della temperatura corporea. Infatti molti antidepressivi agiscono sui livelli di serotonina, così come alcune sostanze stupefacenti; un deficit di serotonina causa ansia, bulimia, depressione ed eiaculazione precoce maschile (wikipedia). 
      Gli anacardi contengono, in 100 grammi, circa 400 mg di triptofano, per questo sono considerati un alimento antidepressivo e antiansia che aiuta il benessere psico-fisico.

-         Il triptofano è considerato un anoressizzante, cioè calma l’appetito, soprattutto di dolci.  Sempre il triptofano è un precursore della MELATONINA, sostanza prodotta dal nostro cervello (ma non solo) che agendo sull’ipotalamo regola il ciclo sonno-veglia. Quindi, gli anacardi, possono favorire una qualità migliore del sonno, soprattutto in menopausa.

-         Gli anacardi sono ricchi di acido oleico (omega-9), grasso mono-insaturo che ha un benefico effetto sul sistema cardiovascolare e sul colesterolo alto in quanto abbassa il colesterolo totale e LDL (quello cattivo) e innalza quello “buono” o colesterolo HDL. Inoltre è componente dei fosfolipidi che costituiscono la membrana cellulare e le lipoproteine.  
    
-         Aiutano in caso di ipertensione per l’apporto di magnesio.

-         Sono ricchi di antiossidanti e una ricerca, dell’Università di Montreal, ha evidenziato che l’estratto di semi di anacardi possiede potenziali proprietà anti-diabetiche e probabilmente anche antinfiammatorie.

-         Contengono un flavonoide che protegge gli occhi e previene da patologie degenerative della macula.

-         Gli anacardi sono ricchi di potassio che aiuta nella ritenzione idrica.
-         Il calcio contenuto è utile per la salute delle ossa e dei denti ed è reso più facilmente assimilabile dalla presenza di magnesio.

-         Il dipartimento di biologia dell’Università di Ceara, Fortaleza (Brasile), afferma che gli anacardi migliorano la risposta immunitaria dell’organismo per il loro contenuto di antiossidanti.

Non solo i semi dell’Anacardium Occidentalis sono oggetto di ricerca: uno studio recente sull’acido anacardico, contenuto nell’olio dei gusci di anacardio insieme al cardolo (olio nocivo e caustico), condotto  dal Dipartimento di Studi in Biotecnologie dell’Università di Mysore in India, apre la strada ad ulteriori ricerche. E’ stata riscontrata una diminuzione dei marcatori tumorali nel tumore alla mammella e nel glioma.

L’olio di gusci di anacardio è tossico, mentre altra cosa è l’olio ottenuto dalla spremitura della noce di anacardio, che è commestibile.

OLIO DI ANACARDI

Dalla spremitura degli anacardi si ottiene un olio molto gustoso da utilizzare in cucina. L’olio di anacardi contiene vitamina E (delta-tocoferolo) ha un sapore neutro  un colore giallo paglierino.
Si utilizza in cucina per salse e creme.


ANACARDI IN CUCINA

Perfetti da soli, come spuntino, si prestano a svariati utilizzi in cucina.
Si possono sostituire ai pinoli nel pesto, ma anche utilizzare per arricchire insalate.  Sono presenti in molti piatti orientali.
Se li macinate finemente otterrete un crema da spalmare sul pane, tipo il burro di arachidi.
Il loro gusto li rende facilmente utilizzabili anche per dolci.
Si producono con gli anacardi: il burro, il latte di anacardi o meglio la bevanda di anacardi, l’olio e il succo di anacardi (diffuso in Brasile).


BURRO DI ANACARDI

Il burro di anacardi è semplice da produrre e ideale a colazione, un pieno di energia e vitalità.
Gli ingredienti:
125 ml di succo di mela non zuccherato
500 ml di anacardi tostati e leggermente salati
2 cucchiai di sciroppo di riso
2 cucchiai di succo di limone
Versate gli ingredienti nel frullatore e frullate fino ad ottenere una crema densa e liscia. Si conserva in frigorifero, per una settimana circa, in contenitore chiuso.

Frullando gli anacardi si ottiene una crema liscia che può essere utilizzata tal quale.

CONTROINDICAZIONI
Il consumo non è indicato in chi soffre di insufficienza renale e per chi soffre di calcoli renali si consiglia un consumo moderato.
In alcune persone sensibili possono originare reazioni allergiche.



Scritto da Angela Ballarati
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Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a scopo informativo, si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare, evitare in caso di ipersensibilità accertata verso uno dei componenti. I suggerimenti e le indicazioni descritte in quest'articolo non intendono in alcun modo sostituire le terapie consigliate dal proprio medico curante. L'autrice non è responsabile delle possibili conseguenze legate all'incompleta od erronea interpretazione del testo.
Benessere secondo natura Fabbri ed - https://it.wikipedia.org/wiki/Acido_oleico- http://www.my-personaltrainer.it/alimentazione/anacardi.html-la bibbia del vegano Newton Comp.-  Mangiar sano e naturale M. Riefoli - http://www.valori-alimenti.com/nutrizionali/tabella12087.php

giovedì 12 ottobre 2017

Biscotti al cioccolato senza glutine

BISCOTTI al cioccolato, senza glutine e lievito,  con farina di riso, nocciole e scaglie di cioccolato
Questi biscotti sono croccanti,  gustosi, senza glutine e con pochissimo zucchero di cocco che ha un basso indice glicemico.
Ricordano un po’ i “baci di dama” e se ne possono unire due con un velo di nocciolata  (Nutella) fatta in casa.

Ingredienti:
100 g di farina di riso
100 g di nocciole tostate
30 g di burro di cocco
30 g di burro ghi
3 cucchiai di zucchero di cocco
1 uovo
70 g di cioccolato al latte o fondente
Una punta di cucchiaino di vaniglia (facoltativo)

Tritate le nocciole e unitele alla farina di riso, aggiungete lo zucchero e miscelate gli ingredienti secchi.

Aggiungete il burro sciolto (a fuoco bassissimo) e l’uovo, mescolate tutti gli ingredienti e unite le scaglie di cioccolato precedentemente preparate (io acquisto una tavoletta di cioccolato e la riduco in scaglie, grossolanamente, con il coltello).

Se il composto dovesse risultare troppo secco aggiungere un goccio di latte di riso.

Stendete un foglio di carta forno sulla leccarda e con un cucchiaino formate delle piccole palline schiacciate.

Cuocete in forno a 180° per 15/20 minuti.

Sono biscotti croccanti e friabili, se li desiderate più morbidi e gonfi aggiungete un cucchiaino di bicarbonato di sodio.

Io ho utilizzato tutti ingredienti provenienti da agricoltura biologica.

Naturalmente si possono apportare le modifiche che più si adattano al gusto personale, come sostituire il cioccolato al latte con quello fondente, il risultato è comunque garantito. Anche per il burro vale lo stesso: utilizzare il burro di cocco solamente oppure metà dose di cocco e metà di burro ghi. Lo stesso vale per la farina: io ho utilizzato quella bianca, ma nulla vieta di sostituirla con quella integrale. Per quanto riguarda le nocciole è importante che siano tostate, il gusto ne guadagna.

Insomma provate e poi modificate a piacere. 

domenica 8 ottobre 2017

Partenio: proprietà, principi attivi, uso, raccolta e conservazione.

Il PARTENIO, pianta presente anche in Italia, è considerato in erboristeria il miglior prodotto per l’emicrania, i reumatismi e la sindrome premestruale.
Numerosi studi sul partenolide, un componente del partenio, confermano l’attività  antinfiammatoria e non solo. Raccolta, conservazione, principi attivi e uso, storia e curiosità. 
Il Partenio, Tanacetum parthenium o Chrysanthemum parthenium Berhn. o Matricaria parthenium L., della famiglia delle Asteraceae (Compositeae), è una piccola pianta che raggiunge il metro di altezza ed è presente anche in Italia, dove è conosciuta con i nomi popolari di amarella, erba magra, matricale , camomilla bastarda, tanaceto…
Il Tanacetum è un genere a cui appartengono circa 70 specie diffuse nelle regioni temperate (emisfero boreale) e, circa una decina, sono presenti  in Italia.
Il suo habitat è rappresentato da luoghi incolti e pietrosi dell’America settentrionale e meridionale e della regione caucasica.
Originaria dell’Asia occidentale e della Penisola Balcanica, in Italia è comune, coltivata e naturalizzata, in tutto il territorio. Cresce negli incolti, tra le macerie, nelle aree antropizzate, dal piano a 1000 m.
Viene coltivata come pianta d’appartamento e nei giardini a scopo ornamentale.

LA PIANTA

Pianta erbacea perenne e molto aromatica non arriva al metro e presenta dei fiori molto simili alla margherita: infiorescenze con capolini fitti di colore giallo, ma con un odore sgradevole, corolla di petali a forma di linguette di colore bianco e foglie, a contorno ovale e pennatosette, di colore giallo-verde.
Le sue foglie si raccolgono quando hanno raggiunto il pieno sviluppo, tra luglio e settembre.
La droga cioè la parte di interesse fitoterapico è costituita dalle parti aeree.

Il Partenio è molto somigliante alla camomilla e al crisantemo, appare come un incrocio, ma occorre prestare molta attenzione a non confonderlo con il tossico Tanaceto (Tanacetum vulgare L., sin Chrysantemum vulgare Bernhardi)  o con il piretro o Crisantemo americano e con altre specie di Tanaceto tossiche, il cui sovradosaggio può essere fatale.

Non presenta esigenze particolari di coltivazione, si propaga per seme prima dei cali di temperatura e in posizione soleggiata.

RACCOLTA E CONSERVAZIONE

Si tagliano le sommità fiorite in estate, giugno/luglio, e si essiccano in luogo ombroso e ventilato.
Si conserva al riparo dalla luce e dall’umidità.

QUALI SONO I PRINCIPI ATTIVI

Il partenio contiene flavonoidi come la quercitina, luteolina, apigenina ed axillarina che possiede azione spasmolitica (calma le contrazioni muscolari da spasmi) sulla muscolatura liscia del tratto gastroenterico.
I composti lattoni sesquiterpeni, come il partenolide,  modulano le funzioni del sistema della serotonina, per questo si ritiene possano prevenire l’emicrania.
Il partenio contiene, inoltre, tannini ed eterosidi che hanno proprietà antinfiammatorie, olio essenziale con canfora e sostanze amare.

QUANDO E’ UTILE E QUALI SONO LE APPLICAZIONI

Le preparazioni fitoterapiche che contengono partenio vengono utilizzate per trattare: emicrania, reumatismi e nevralgie.
Le proprietà del partenio sono in gran parte ascrivibili ai sesquiterpenici contenuti, in particolare al partenolide e ai flavonoidi.

La pianta del partenio è ritenuta una fra le più efficaci per alleviare l’emicrania.

Non cura l’emicrania ma procura un sollievo temporaneo. Anche se le sue proprietà non sono ancora state riconosciute ufficialmente, si ritiene che il partenio sia in grado di ridurre anche sintomi secondari all’emicrania come la nausea e la frequenza degli episodi.

La sua azione consiste nella capacità di inibire il rilascio dell’acido arachidonico (precursore nella sintesi degli eicosanoidi) coinvolto nella sintesi delle prostaglandine, sostanze che intervengono nei processi infiammatori. La produzione dei derivati dell’acido arachidonico sono conosciuti, nel complesso, come la cascata dell’acido arachidonico. Inibisce inoltre la sintesi di molte citochine anch’esse coinvolte nell’infiammazione.

Come antinfiammatorio trova impiego nel trattamento dei dolori artritici.

Contiene un olio essenziale con azione spasmolitica (che calma gli spasmi) ed è quindi indicato nelle sindromi premestruali:  rilassa la muscolatura liscia calmando le contrazioni della muscolatura uterina costituendo un valido aiuto in caso di dismenorrea (mestruazioni dolorose).

La sua azione antispasmodica sulla muscolatura liscia ha effetto anche sulle pareti gastriche.

Possiede proprietà emmenagoghe, cioè  favorisce le mestruazioni.
Il partenio, grazie al partenolide,  è dotato di proprietà inibitorie nei confronti dell’aggregazione piastrinica dovute anche all’azione inibitoria del rilascio di serotonina delle stesse piastrine.

Sono stati effettuati numerosi studi sul partenio ed in particolare l’interesse immunologico, reumatologico ed oncologico si è concentrato su un suo componente: il partenolide.

La sua proprietà antinfiammatoria è stata confermata da studi su animali, tessuti umani o in vitro. Le ricerche,  non supportate da trials clinici e che ancora necessitano di un riconoscimento ufficiale,  hanno necessità di ulteriori indagini su campioni umani.


Uno studio condotto dal Dipartimento di chimica e oncologia dell’Università di Rochester (USA) ha evidenziato la promettente attività anticancro del partenolide come prodotto naturale (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28826596).


Sempre nell’ambito oncologico, uno studio condotto sui criceti indagava il potenziale chemio- preventivo del partenolide nella carcinogenesi orale indotta da DMBA (dimetilbenzantracene, idrocarburo policiclico utilizzato nella ricerca medica). I risultati suggeriscono che il partenolide non solo sia chemio protettivo, ma possieda  anche  proprietà antiossidanti e apoptotiche (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28801714).

Anche altri studi, sempre su cavie animali, confermano
l’attività antinfiammatoria e antiossidante del partenolide. Quello condotto
dalla Facoltà di Medicina dell’Università di Hamdan, in Iran, ha esplorato
l’azione del partenolide sulla malattia epatica non alcolica sui ratti (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28555525).
Gli studi positivi, non supportati da trials clinici, sull’attività anticancro del partenolide riguardano alcuni tipi di cancro come  il carcinoma gastrico, quello polmonare, quello prostatico e il mieloma multiplo.

COME SI UTILIZZA

Il partenio si utilizza sotto forma di tisana: versate 100 ml di acqua bollente su 2 g di foglie, coprite e lasciate in infusione per 10 minuti. Filtrate.

Si trova in forma di tintura madre, già preparata, nelle erboristerie. La tintura madre si ottiene macerando le foglie, raccolte in luglio e agosto, in una miscela di alcol alimentare e acqua per tre settimane, si spreme e si filtra.

L’estratto secco si ottiene per evaporazione della tintura madre e si trova in compresse o capsule. Le capsule o le compresse rappresentano la forma più utilizzata e preferibile a causa del cattivo sapore della pianta.

La polvere è ottenuta dalla frantumazione delle foglie essiccate.

UN PO’ DI STORIA

Fin dall’antichità il partenio era consigliato per i problemi mestruali e per il mal di testa, ma veniva impiegato anche per curare i reumatismi, come vermifugo e come cicatrizzante per uso esterno.
Nell’antica Grecia era utilizzato per facilitare il parto, da lì probabilmente deriva il suo nome.
Venne utilizzato anche per curare la malaria, nel Medioevo, e più tardi, nel XVII secolo, fu ritenuta la migliore erba per la cefalea.
Il partenio cadde poi nel dimenticatoio e solo negli anni Settanta fu riscoperto e studiato per merito di un minatore che masticando foglie di partenio alleviava la sua emicrania.
In passato gli sono state attribuite anche proprietà febbrifughe poi smentite.


CONTROINDICAZIONI
Chiedere il parere del medico curante prima di iniziare una terapia con il partenio. Il partenio può ostacolare la coagulazione del sangue, quindi è controindicato per chi ha problemi di coagulazioni, gastriti o ulcere. Non assumere in caso di ipersensibilità alle Asteraceae. E’ sconsigliato in gravidanza e allattamento e nei bambini. Può dare luogo a disturbi come vomito, diarrea, cefalea, insonnia e dermatiti allergiche in caso di contatto con la pianta fresca in persone con ipersensibilità. Interazioni farmacologiche con antiaggreganti, anticoagulanti e FANS.

Articolo scritto per Naturopataonline www.naturopataonline.org

Scritto da Angela Ballarati
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200 piante del benessere Mia Leone Ed. Igea -https://it.wikipedia.org/wiki/Tanacetum_parthenium - “salute e benessere secondo natura” Fabbri ed. - http://www.my-personaltrainer.it/erboristeria/partenio.html - https://it.wikipedia.org/wiki/Acido_arachidonico - https://erbeofficinali.org/dati/q_scheda_res.php?nv_erba=PARTENIO -  ERBE  M.T. Della Beffa DeAgostini -



giovedì 7 settembre 2017

Il riso: le lavorazioni, i contenuti nutrizionali e quando può essere utile.

IL RISO: le lavorazioni, i contenuti nutrizionali e  quando può essere utile.
L’ alimento riso: come cuocerlo e come sceglierlo.
Con la lolla si produce un materiale simile alla plastica, ma completamente naturale. Cosa c’entra l’olio di vaselina?
I derivati del riso, un po’ di storia e qualche curiosità.
Il riso, di cui esistono più di 100mila varietà, viene seminato in primavera e si raccoglie dopo 140/180 giorni  in terreni ricoperti di acqua in modo da garantire una temperatura costante: l’acqua durante il giorno assorbe il calore del sole e lo restituisce la notte.
Il riso è l’alimento base per le popolazioni orientali e in parte dell’Africa.
E’ al secondo posto per produzione mondiale, dopo il frumento, cioè al secondo posto anche come consumo.
Per elencare alcune delle varietà ricordiamo: Arborio,  Ribe, Carnaroli, Silla, Baldo. Il India si coltiva il Basmati di forma allungata e dal profumo intenso; in Thailandia si produce il Selvatico, dal colore rossiccio e in America il Wilde Rice ottenuto dalla Zizania aquatica, di colore nero e forma molto allungata.
In Italia è coltivato soprattutto in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, ma anche in regioni come la Calabria, la Sardegna e la Toscana.

LA PIANTA
Il nome scientifico del riso è Oryza Sativa, appartiene alla famiglia delle Graminaceae e raggiunge il metro in altezza producendo spighe poco compatte.
Il raccolto si effettua tra settembre e ottobre e, a seguire, il riso viene sottoposto a numerose lavorazioni, oggi completamente meccanizzate.
La parte utilizzata è costituita dai semi.

COSA CONTIENE
La sua composizione varia notevolmente se si considera il riso integrale o il raffinato bianco perché la raffinazione impoverisce il riso da molti dei suoi nutrienti e si conserva più facilmente, questo è anche uno dei motivi delle raffinazioni, anche del grano.
Il riso è ricco di amidi, proteine di buon valore biologico, vitamine del gruppo B ed E; calcio, ferro, magnesio, manganese, fosforo, potassio, rame, silicio e sodio.
Il contenuto in amidi, che assorbono maggiori quantità di acqua rispetto alla pasta che ne contiene meno, fa sì che, a cottura ultimata, il riso sia meno calorico della pasta. In effetti, a crudo, l’apporto calorico è di 340 kcal circa ogni 100 g ma, una volta cotto, arriva a 130 kcal  per 100 g circa. Chiaramente occorre valutare anche l’apporto calorico dei vari condimenti.
Il contenuto proteico è compreso tra il 7% ed il 9% ed è più elevato nelle varietà Vialone e Arborio. Le proteine sono presenti nello strato più esterno e nel processo di sbiancatura vengono perse in gran parte.
Anche il riso, come altri cereali, non contiene tutti gli aminoacidi essenziali: il riso integrale è carente di lisina e il riso bianco di triptofano, oltre alla lisina. Il contenuto è del 4% delle proteine del riso, percentuale doppia rispetto alla farina di frumento o di mais.
Il rapporto tra i vari aminoacidi è ideale nel riso.
I grassi sono presenti in modeste quantità, sono in prevalenza acidi grassi essenziali (nel germe) che nel riso bianco vengono rimossi rendendolo meno vulnerabile all’irrancidimento.
I carboidrati del riso sono costituiti dagli amidi e rappresentano la componente principale. Sono complessi, ma il riso raffinato ha un indice glicemico elevato, non è lo stesso per il riso integrale.
Gli amidi del riso sono granuli molto piccoli, per questo, il riso, risulta più digeribile rispetto ad altri cereali; mediamente la digestione della pasta impiega circa tre ore, mentre quella del riso, due.
Le fibre sono presenti in ottime quantità, ma solo nel riso integrale, il contenuto del riso bianco è trascurabile.
Le vitamine sono soprattutto quelle del gruppo B, in particolar modo la B1  e la PP (niacina) che si perdono quasi del tutto con la raffinazione. Infatti  nel XIX secolo, quando gli europei introdussero la tecnica della raffinazione del riso, si sviluppò il beriberi, una malattia da mancanza di vitamina B. E’ presente anche la vitamina E.
I sali minerali come il ferro, il fosforo, il magnesio, il manganese e il potassio vanno persi con la raffinazione. Va comunque detto che i minerali presenti nel riso sono di difficile assimilazione perché le molecole antinutrizionali, di cui il riso integrale è ricco e che diminuiscono con la cottura, ne impediscono il completo utilizzo.

Quando è utile il riso

Per chi è affetto da celiachia: il riso è un alimento consigliato in sostituzione del frumento e degli altri cereali contenenti glutine.
E’ un cereale con scarso potenziale allergenico.
Per chi ha uno stomaco delicato, per i bambini, gli anziani e per i convalescenti: i suoi amidi sono più digeribili perchè costituiti da granuli di piccole dimensioni.
In caso di diarrea, gastrite e nausea: gli amidi contenuti hanno un effetto astringente e antinfiammatorio.
Il decotto di riso, acqua di riso, è astringente ed utile in caso di infiammazioni intestinali: si beve a digiuno e calma la diarrea.
In caso di gastrite la crema di farina di riso si rivela un ottimo lenitivo.
L’indice glicemico del riso integrale è più basso di quello della pasta.
E’ un alimento antiurico, ostacola cioè la formazione di acido urico, quindi adatto in caso di iperuricemia.
In Cina si utilizza il riso con succo di zenzero per attenuare le nausee mattutine.
Il riso integrale, per il suo alto contenuto in fibre,aiuta a prevenire la stitichezza, ma può irritare uno stomaco delicato, in questi casi è meglio utilizzare il parboiled.
Molti nutrizionisti sono concordi nel considerare il riso bianco come un alimento impoverito, squilibrato da un punto di vista nutrizionale e capace di alzare l’indice glicemico.
La quasi totale assenza di sodio rende il riso indicato in tutte le diete dove si rende necessario un minor apporto.

LE LAVORAZIONI
La prima lavorazione del riso appena colto consiste nella pulitura, poi si procede con la sbramatura.
Con la sbramatura si asporta  la lolla, il rivestimento esterno, ottenendo il riso integrale, riso sbramato o risone semigreggio. La lolla o pula è imputrescibile e inattaccabile dagli insetti.
La lolla, pur rappresentando un prodotto di scarto, in realtà si presta a un innumerevole varietà di impieghi. E’ costituita dal 45% da cellulosa, mentre il resto è ossido di silicio, proteine e grassi. E’ utilizzata come pacciame nel giardinaggio, come fondo per lettiere degli animali, come combustibile e dà vita ad un materiale che può sostituire la plastica. Vengono infatti prodotti vasi per giardinaggio, piatti per uso alimentare ecc., il tutto senza sprechi, con un minor utilizzo di energia e senza generare inquinanti.
Con la sbiancatura si asporta il germe e gli strati che ricoprono il riso integrale.
Le sbiancature sono quattro ed eliminano l’epicarpo e il mesocarpo (primi due strati che rivestono il chicco),  l’endocarpo (terzo strato di copertura), lo spermoderma (quarto strato) infine, nell’ultima sbiancatura, si rimuove l’aleurone, ultimo rivestimento e il germe, la parte proteica del chicco.
Con l’oleatura si stende sul chicco un sottile strato di vaselina mentre la brillatura prevede di cospargere il riso con olio di vaselina e  una soluzione di glucosio che portano il chicco a diventare levigato e brillante.
La vaselina è un composto di idrocarburi derivati dal petrolio che, secondo alcuni autori, contiene aromatici sospetti. Le operazioni industriali di finitura del riso lo portano ad un aspetto più “sano”, con una cottura più rapida e una migliore conservabilità, ma è così necessario?

A seconda delle lavorazioni il riso si distingue in:
integrale, sbramato di risone o sbramato e semigreggio, quando il riso ha subito solo la sbramatura;
semintegrale o semiraffinato quando il chicco è privato dell’epicarpo e del mesocarpo che cuoce in tempi simili al raffinato e che, al palato, non si distingue;
riso raffinato o riso bianco quando oltre alla sbramatura ha subito tutte le sbiancature;
Riso parboiled. E’ un metodo molto antico di trattamento, si ritiene risalga a 4000 anni fa; il riso veniva messo a bagno in acqua fredda e poi cotto brevemente e asciugato al sole.
Oggi tutte le lavorazioni sono industriali: il riso viene immerso in acqua calda, le vitamine e i sali minerali del rivestimento esterno e del germe si disciolgono e poi viene sottoposto a forte pressione in modo che le sostanze disciolte si trasferiscano all’interno del chicco. Viene cotto a vapore, a più di 100°C in modo da sigillare le sostanze all’interno del chicco e infine viene essiccato.
Il riso parboiled ha un colore ambrato e possiede un contenuto in vitamine e sali minerali superiore a quello del riso bianco e cuoce in pochi minuti.

L’ALIMENTO RISO
La patria del riso, si sa, è l’Oriente.
In Occidente si consuma, ma non è alla base dell’alimentazione, come in Italia  la pasta.
Secondo gli orientali e la Medicina Tradizionale Cinese il riso è un cibo molto equilibrato, lo yin e lo yang sono bilanciati rendendolo un alimento perfetto come base quotidiana dell’alimentazione. Il riso è comunque un cereale leggero, rinfrescante e gustoso.
Come cuocere il riso?
Lavare il riso provoca la perdita di sali minerali e vitamine che si sciolgono in acqua.
Le perdite aumentano se il riso viene bollito in tanta acqua. Si stima che si possa raggiungere la perdita del 50%.
Quindi il miglior metodo di cottura è il vapore, pilaf oppure con poca acqua che si lascia completamente riassorbire. Possiamo dire che come si cucina il risotto rappresenta un buon metodo.
In genere si misura a tazze, una tazza di riso corrisponde alla porzione per due persone e si cuoce con il doppio di acqua, cioè due tazze, a pentola coperta. Una volta spento il fuoco, lasciare riposare per dieci minuti in modo che venga riassorbita tutta l’acqua e si gonfino i chicchi.
Il riso integrale cuoce in circa un’ora e mezza, per questo si utilizza, molto spesso, la pentola a pressione che riduce i tempi a circa mezz’ora.
Il riso parboiled cuoce in circa 15 minuti, mentre quello bianco ha una cottura variabile a seconda della varietà.
Il riso si mangia sia cotto che crudo.
CRUDO: ammollato o germogliato (può germogliare solo il riso integrale). La sua consistenza può essere più dura di altri cereali ma dipende dalla varietà di riso (alcune sono tenerissime). Si consuma soprattutto nell’alimentazione vegana e viene condito con olio, prezzemolo, sale, limone ed erba cipollina.
COTTO: si mangia nei minestroni, arancini di riso, torte salate. Il riso germinato e cotto al vapore è molto gustoso.

Come si sceglie. Il riso deve presentare dei chicchi dello stesso tipo e dimensioni senza rotture e striature (è tollerata una percentuale del 3% di chicchi rotti, altrimenti deve essere indicato “riso sotto tipo”). Il buon riso mantiene la cottura con chicchi ben separati, se il riso diventa appiccicoso o molle al suo interno significa che non è di buona qualità, a meno che non siano stati rispettati i tempi di cottura.
In ultima analisi meglio sceglierlo biologico, soprattutto per quello che riguarda il riso integrale perché è integro e mantiene anche residui di tutto ciò che di chimico è stato utilizzato durante la coltivazione e la lavorazione.

I DERIVATI DEL RISO
Sono diversi i derivati dal riso: la farina, la crema di riso, la semola di riso, il riso soffiato, l’amasake, il malto di riso, l’arack, il latte di riso …
La farina di riso si ottiene dalla macinatura del chicco, si può trovare sia bianca che integrale. Non contiene glutine ed è quindi adatta all’alimentazione degli intolleranti e di chi è affetto da celiachia. Viene aggiunta per la panificazione ad altre farine, con e senza glutine, e si utilizza per la produzione di spaghetti e altri formati di pasta.
Crema e semola di riso. La crema è farina macinata molto finemente mentre la semola, al contrario, è molto grossolana. Entrambe vengono utilizzate nell’alimentazione della prima infanzia.
Il riso soffiato segue una particolare lavorazione, viene prima cotto, poi spianato fino a formare un fiocco spesso che viene successivamente e velocemente tostato in modo da formare delle bolle che ne aumentano il volume e donano una consistenza spugnosa. Con il riso soffiato si producono le gallette di riso che, insieme al riso soffiato, danno senso di sazietà.
Le gallette di riso sono prodotte (non tutte probabilmente) con il metodo dell’estrusione, una lavorazione che sottopone i chicchi ad elevate temperature e ad una enorme pressione, stesso procedimento dei corn-flakes.
Pensate che la tecnica è la stessa per produrre il polistirolo!!!
Comunque, le varie analisi non le considerano un cibo sano, in primo luogo perché hanno il doppio delle calorie di un pane integrale (quello vero), in secondo luogo le alte temperature a cui viene sottoposto il chicco riduce o distrugge lisina, vitamine e sali minerali e, in terzo luogo, si parla di formazione di acrilammide, sostanza cancerogena che si produrrebbe ad alte temperature.
Forse è il caso di cercare altri sostituti del pane o di non sostituire affatto e iniziare a nutrirci con alimenti il meno possibile processati e industrializzati.
Il malto di riso è un dolcificante naturale, si trova nei negozi specializzati in alimentazione naturale ed è utilizzato come sostituto dello zucchero perché possiede un minor indice glicemico. Si ottiene aggiungendo un enzima, l’amilasi, al cereale. L’enzima scompone l’amido di riso in maltosio e zuccheri semplici.
L’olio di riso si ottiene dalla spremitura a freddo del germe, della pellicola interna del chicco (del riso integrale) e della pula. Ha un sapore delicato e spesso si utilizza, proprio per questa sua caratteristica, nei dolci quando si intende sostituire il burro.
La bevanda di riso, non si può più chiamare latte, è ottenuta dalla cottura del riso in acqua, viene filtrato e vengono aggiunti zuccheri, oli vegetali e aromi.
Ha un sapore dolce e si può utilizzare in sostituzione del latte vaccino in caso di intolleranze o se si segue una dieta vegana. E’ ricco di carboidrati, pochi grassi e quasi tutti polinsaturi.
La bevanda di riso si può facilmente auto-produrre e le semplici ricette da seguire sono innumerevoli nel web, a voi la scelta.
L’Amasake è ottenuto dalla fermentazione del riso cotto con orzo germogliato. La fermentazione fa sì che gli amidi contenuti si riducano in zuccheri semplici donando un gusto dolce al prodotto. E’ molto utilizzato in macrobiotica e per la produzione di budini. Si trova, come bevanda o crema, nei negozi di alimentazione naturale e macrobiotica.
L’Arack è una bevanda alcolica, diffusa in Asia (viene spesso offerto nei ristoranti cinesi a fine pasto) ottenuto dalla fermentazione del riso e successiva distillazione.

Un po’ di storia e qualche curiosità
Probabilmente il riso è originario dell’Indonesia, dove sono stati ritrovati resti risalenti al 7000 a.C., poi si diffuse in India e Cina. Era coltivato in Mesopotamia e Greci e Romani lo utilizzavano come pianta medicinale, sotto forma di infuso, per il mal di pancia. Fu “esportato” dagli Arabi nel VI secolo in Africa settentrionale e poi in Spagna e anche in Sicilia prima dell’anno 1000. Il primo documento che attesta la coltivazione del riso in Italia è una lettera di Galeazzo Sforza del 1475. Il riso naturalmente era conosciuto, in Italia, molto prima, veniva importato dall’Oriente insieme alle spezie, ma non si conoscevano i metodi di coltivazione.
Nel vercellese e novarese si concentra la metà della produzione di tutto  il riso coltivato in Italia.
Nel XIX secolo gli europei introdussero la tecnica della raffinazione del riso. La raffinazione privando il chicco della vitamina B1 (necessaria alla conversione del glucosio in energia), presente nello strato più esterno del chicco ed eliminato dalla raffinazione, fece diffondere il Beriberi, una malattia che si manifesta con debolezza estrema, problemi visivi, confusione mentale e paralisi di alcuni muscoli dell’occhio ed è una malattia diffusa in luoghi dove si consuma molto riso brillato.

Quando è sconsigliato. Il riso integrale non è indicato in caso di stomaco delicato o problemi di irritabilità intestinale che, per il suo alto contenuto di fibre, può risultare irritante. Particolare attenzione, in caso di diabete, per l’elevato indice glicemico del riso bianco.

Scritto da Angela Ballarati
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“Salute e bnessere secondo natura” Fabbri Ed. – “Mangiar sano e naturale” Riefoli Macro Ed. - http://www.my-personaltrainer.it/integratori/proteine-riso.html - http://ecoradar.it/blog/lolla-di-riso/ - https://it.wikipedia.org/wiki/Latte_di_riso