sabato 24 novembre 2018

Cardiospermum: proprietà, studi e utilizzi del cortisone naturale


Cardiospermun Halicacabum, definito il cortisone naturale, è antinfiammatorio e calma il prurito nelle problematiche cutanee quali eczemi, dermatiti e psoriasi.
La pianta, gli studi, cosa contiene, quali sono i principi attivi e l’uso nella tradizione.




Il Cardiospermum halicacabum è noto come pianta del palloncino o amore in un soffio (hearthseed plant).


E’ considerato il cortisone naturale.

Possiede proprietà antiflogistiche, antinfiammatorie e antipruriginose, è un ingrediente di molte preparazioni formulate per problematiche cutanee quali eczemi, dermatiti e psoriasi.  


La pianta

E’ una pianta tropicale, ritenuta in Nuova Zelanda infestante, che cresce in Africa, Sud degli Stati Uniti, Cina, Australia e India.
Appartiene alla famiglia delle Sapindaceae il cui nome deriva dalla specie-tipo ed è una contrazione di “Sapo-indicus” che significa “sapone delle Indie Occidentali”. Appartiene alla famiglia  il genere Sapindus, piante dette alberi del sapone per l’uso dei semi nella saponificazione. Infatti i frutti a bacca sono ricchi di saponina e si utilizzano nella produzione di detersivi naturali.

Il Cardiospermum  è un pianta rampicante che viene coltivata a scopi ornamentali. Possiede piccoli fiori bianchi a 8 stami e foglie alterne.

I semi sono di colorazione marrone scuro esternamente e bianchi internamente.

I frutti sono contenuti in capsule globose, di colore verde, divise in tre loculi, ognuno contenente un seme della grossezza di un grano di pepe e di colore marrone-nero con una macchia bianca a forma di cuore (cardiospermum è appunto, dal greco, cuore e seme).

E’ di facile coltivazione, ama il sole pieno o la mezza penombra, si semina in primavera, anche in vaso, e va protetta dal sole eccessivo.


La tradizione

Nel libro “The useful native plants of Australia” (1889) il popolo indigeno del Queensland lo chiamava “barro” o “mela a foglia larga”. I semi venivano mangiati e anche il frutto si consumava, arrostito.
La sua radice possiede proprietà emollienti, per il contenuto in mucillagini, ed era utilizzata come diuretico e lassativo.

In India, la pianta, veniva considerata stomachica (tonico per lo stomaco), emetica (che provoca il vomito), lassativa e rubefacente cioè che provoca arrossamento della cute a scopo terapeutico. Veniva prescritta nei reumatismi e nelle malattie nervose. Le foglie venivano utilizzate nell’amenorrea e, per uso esterno, strofinate con olio di ricino per ridurre gonfiori.

Nella Medicina Ayurvedica è una pianta utilizzata come emmenagogo e impiega il decotto come diuretico, diaforetico e lassativo. La pianta è stata studiata su modelli animali ed ha dimostrato effetti sedativi sul sistema nervoso centrale. Ha mostrato attività analgesica e antinfiammatoria. Gli studi in vitro hanno anche rilevato il suo effetto antispasmodico. Questi i risultati a sostegno, con i relativi studi di supporto, del suo uso nella Medicina Ayurvedica (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4140016/)

Lo studio si occupa di dettagliare la valutazione farmacognostica delle foglie e dello stelo. Precedenti ricerche hanno rivelato la presenza di flavoni, agliconi, triterpenoidi, glicosidi, carboidrati, acidi grassi ed esteri volatili nei diversi estratti della pianta. La valutazione farmacologica, dell’estratto, ha dimostrato che la pianta possiede attività antimalarica, antifilaria, antiparassitaria, antipiretica, antinfiammatoria, antinfettiva e nefroprotettiva.

Nella medicina tradizionale africana si utilizza anche per disturbi digestivi e delle vie respiratorie.


Cosa contiene

La droga, ossia la parte di interesse terapeutico, è costituita dalle parti aeree.

Nelle parti aeree sono contenute: saponine (triterpeni glicosidici) , tannini, flavonoidi, composti fenolici e steroli vegetali.

Fra i flavonoidi: apigenina, luteolina, quercitina e rutina.

Nei semi: acidi grassi come l’acido arachidonico e rari cianolipidi.


Studi sugli effetti

Il dottor Schwabe, negli anni ’50, fu il primo a scoprire l’azione antinfiammatoria simil-cortisonica della pianta e molti furono gli studi che si susseguirono a riscontro.

Ben 140 studi, in paesi diversi.  Un campione di 883 persone da 1 a 91 anni a cui  vennero applicate preparazioni a base di cardiospermum halicacabum confermarono le proprietà antinfiammatorie, antiallergiche e antiprurito.
Nella formulazione di crema o pomata è utile in caso di dermatite, psoriasi, infiammazioni, reazioni allergiche e screpolature dovute a pelle secca. Favorisce il ripristino della barriera cutanea irritata, è lenitiva in caso di pelle arrossata e nelle punture di insetti.


Farmacognostica Una ricerca, su modello animale, svolta dal Dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Tamil Nadu (India 2013), ha indagato l’attività anti-radicali liberi dell’estratto di foglie di Cardiospermum h. per studiarne le proprietà antiossidanti e anti-reumatiche. E’ stata indotta artrite e dopo venti giorni di somministrazione, tramite ecografia, è stata confermata la rigenerazione completa della cartilagine. I dati, si conclude, forniscono supporto farmacologico all’utilizzo tradizionale del Cardiospermum h, nel trattamento di condizioni infiammatorie dolorose e artritiche (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23052184).

E’ interessante anche questo ulteriore studio (sempre su animali) che suggerisce come il Cardiospermum h. abbia facilitato la stabilizzazione del collagene. La distruzione irreversibile della matrice extracellulare, come la cartilagine, nelle articolazioni è il segno distintivo sia dell’artrite reumatoide che del’osteoartrosi (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21789568).

L’obiettivo di questo studio è stato esplorare gli effetti antiossidanti e antinfiammatori dell’estratto di Cardiospermum h. dimostrando che potrebbe essere un antiossidante naturale e un agente antinfiammatorio per la sua azione inibente il TNFalfa (citochina pro infiammatoria) e NO, agenti coinvolti nei processi infiammatori (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21073940 -https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22557189 ).

Lo studio condotto dal Dipartimento di Microbiologia dell’Università indiana a Tamil Nadu, ha analizzato i costituenti chimici e l’attività antifungina e antibatterica dell’estratto di Cardiospermum H.  Lo spettro FT-IR ha confermato la presenza di alcoli, fenoli, alcani, alchini, estere alifatico e flavonoidi. L’analisi GC-MS ha rilevato la presenza di circa ventiquattro composti, di cui i principali identificati sono: cicloesano-1, 4, 5-triol-3-one-1-carbossilico, l’acido benzenico acetico, il cariofillene, il fitolo e il neoftadiene. E’ stato sottoposto a screening per la sua attività antibatterica, nei confronti di diversi ceppi batterici (Staphylococcus aureus, Escherichia coli e Aeromonas hydrophil) e attività antifungina nei confronti della Candida  albicans. (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24426110).

Una ricerca condotto, in vitro, dall’Università di Roma Tor Vergata, ha studiato l’attività dell’estratto di Cardiospermum sulla dermatofitosi (infezione fungina che colpisce lo strato corneo dell’epidermide, dei capelli e delle unghie). I risultati indicano una chiara attività antifungina dell’estratto vegetale ad alte concentrazioni. In particolare le molecole di luteolina e rutina sono state identificate come importanti antifungini, anche se l’effetto delle sole due molecole si dimostra inferiore all’effetto dell’estratto vegetale totale (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30034223).

Nella medicina tradizionale indiana il Cardiiospermum viene utilizzato per i reumatismi, rigidità degli arti e malattie nervose. Le foglie pressate vengono utilizzate contro il prurito della pelle e i gonfiori. Uno studio, su ratti, condotto nello Sri Lanka ha valutato la tossicità della pianta sullo stomaco, reni, esofago e fegato. Le conclusioni osservate, con esame istopatologico, non mostrano modifiche tossicologiche ( https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26045388).

La nefrotossicità (tossicità renale) indotta dalle droghe sintetiche è un grave problema. In questo studio si è ricercato, fra le piante medicinali, quale possedesse la migliore attività protettiva. L’estratto di metanolo di Cardiospermum h. ha presentato, su modello animale, una significativa attività nefroprotettiva (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22103691).

Anche i semi sono stati studiati (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24102527).  
I componenti maggiori sono risultati essere l’apigenina (flavonoide presente anche nel sedano, cipolla, camomilla e tè)  conosciuta per la proprietà di influenzare positivamente la memoria e le attività cognitive. I ricercatori ritengono che possa essere utilizzata, in futuro, per le malattie neurodegenerative. Sulla rivista Cancer Prevention Research è stato pubblicato uno studio che, utilizzando l’apigenina per contrastare il tumore al seno causato dall’uso di ormoni artificiali, ha rilevato, su campioni animali, un rallentamento nello sviluppo del tumore. La luteolina, altro flavonoide presente anche nel timo, nel tarassaco, nella salvia, nei finocchi ecc., è stata molto studiata per le sue interessanti proprietà biologiche soprattutto in campo oncologico.

Esistono molte creme in commercio contenenti estratti di Cardiospermum h., anche shampoo e lozioni, ed è commercializzata anche nella formulazione omeopatica e in tintura madre.

Per chi volesse cimentarsi in auto-produzioni vi fornisco un link per realizzare un’ottima pomata (https://impatiens-magicanatura.blogspot.com/2013/02/pomata-al-cortisone-vegetale.html).


Non vengono riportate controindicazioni, ma chiedere sempre il parere medico.




Scritto da Angela Ballarati
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Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a scopo informativo, si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare, evitare in caso di ipersensibilità accertata verso uno dei componenti. I suggerimenti e le indicazioni descritte in quest'articolo non intendono in alcun modo sostituire le terapie consigliate dal proprio medico curante. L'autrice non è responsabile delle possibili conseguenze legate all'incompleta od erronea interpretazione del testo. Le foto e i testi sono riproducibili, non a scopo di lucro, altrove, solo citando la fonte: autore e link attivo del blog. Questo blog non rappresenta una testata giornalistica poiché è aggiornato senza nessuna periodicità, pertanto , non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 07.03.2001.



martedì 2 ottobre 2018

Giuggiole: proprietà e utilizzi


Le giuggiole, frutti dimenticati e ricchi di proprietà.
Cosa contengono e quali sono i componenti biologicamente attivi.
Gli studi attribuiscono loro effetti immunomodulatori, antiossidanti, epatoprotettivi, ipoglicemizzanti e protettivi del tratto gastrointestinale.
Nella Medicina Cinese sono utilizzati per calmare la mente.

Chi non ha mai sentito l’espressione  “andare in un brodo di giuggiole”?

Il primo a registrare l’espressione figurata fu il Vocabolario della Crusca col significato di “essere fuori di sé per la contentezza”.
Probabilmente, a onor del vero, in origine il brodo era di “succiole”, nome toscano che indica le castagne lessate, perché si succhiavano. Da succiole a giuggiole il passo è breve, anche perché le giuggiole sono molto dolci e ben si adattano al famoso detto.

La giuggiola è un frutto considerato dimenticato, in passato veniva consumato comunemente, ma poi è stato soppiantato da frutti meno costosi, di più facile coltivazione e che avevano più spazio sul mercato. La grande distribuzione detta legge.

La giuggiola si consuma fresca o essiccata, ma anche trasformata in marmellata, confettura o sciroppo ed anche in piatti salati.

La pianta

Il giuggiolo è originario della Cina, dove è largamente consumato anche oggi, in Italia è stato dimenticato.
Del giuggiolo ne esistono diverse specie, ma quelle più diffuse nel nostro paese sono la Ziziphus sativa e la Ziziphus jujuba.
La pianta appartiene alla famiglia delle Rhamnaceae, e cresce spontanea, arrivando fino a 15 m  nelle zone a clima mite, sulle coste, sulle colline e vicino ai laghi. E’ comunque una pianta che si adatta bene anche a climi rigidi.
Possiede rami spinosi e i frutti, le giuggiole o Ziziphus jujuba, maturano nella tarda estate.
Hanno le dimensioni delle olive con polpa bianca, compatta e soda.
Più maturano e più sono dolci e tendono a raggrinzirsi.
Si raccolgono in settembre-ottobre quando assumono una colorazione brunastra e sapore simile ai datteri, mentre sono verdi quando ancora acerbe e il sapore richiama quello della mela.
Il giuggiolo resiste ai climi freddi perché le sue radici penetrano in profondità nel terreno e intorno alla pianta si riproducono altre piantine. Si riproduce per seme, anche se la pratica è incerta, per separazione dei polloni basali e per talea. Può essere coltivato anche in vaso con dimensioni contenute.
In Veneto è chiamato “sisolo” ed è molto coltivato, infatti nella provincia di Padova, ad Arquà Petrarca nei Colli Euganei, si tiene, tutti gli anni, una festa in suo onore con preparazioni culinarie che lo vedono protagonista.



Cosa contiene e la ricerca

La polpa biancastra è ricca di vitamina C, infatti 100 g di giuggiole contengono 40mg di vitamina C, concentrazione superiore agli agrumi.
Contengono, oltre alla vitamina C, anche la A e vitamine del gruppo B (B1,B2,B3 e B6).
Sono composte da circa l’80% di acqua e dal 6% di zuccheri e carboidrati.
Nelle giuggiole troviamo  potassio, ferro, fosforo, rame, manganese, zinco  e  calcio.
Presenti pectina, mucillagini, flavonoidi, polisaccaridi, tannini, antrachinoni e zizifusina.

In questa review (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5478819/) vengono discusse e riassunte le attività della giuggiola sul sistema nervoso. La giuggiola, anche se gli studi sono limitati e quindi ancora da approfondire, sembra possedere attività neuro protettive, stimola la differenziazione neuronale, aumenta l’espressione di fattori neurotrofici, promuove la memoria e l’apprendimento. I flavonoidi,cAMP e jujuboside (ipnosedativo glicosidico presente nei semi della giuggiola) potrebbero essere i potenziali ingredienti bioattivi implicati nelle attività biologiche. I risultati suggeriscono che la giuggiola  potrebbe diventare un potenziale candidato per lo sviluppo di integratori per la prevenzione e/o il trattamento delle malattie neurologiche.

Recenti risultati fitochimici e farmacologici hanno rivelato che i flavonoidi, i polisaccaridi e gli acidi triterpenici sono i principali ingredienti attivi della giuggiola che spiegano l’effetto antiossidante, immunomodulante e antinfiammatorio. Inoltre l’acido botulinico e il jujuboside B potrebbero essere i componenti che mostrano effetti benefici sul sistema cardiovascolare.

In altri recenti studi farmacologici e fitochimici si è dimostrato che i polisaccaridi contenuti sono uno dei componenti biologicamente attivi che mostrano attività immunomodulatoria, antiossidante, antitumorale, epatoprotettive, ipoglicemizzante e protettivi del tratto gastrointestinale (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28274443 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23480594 ).

Nella Medicina Cinese, la giuggiola, è considerata un’erba medicinale che calma la mente e allevia lo stress e viene prescritta, come tranquillante, anche in combinazione con altre erbe per l’insonnia e la memoria. Come frutto è considerato nutraceutico e consumato da migliaia di anni.
La giuggiola, grazie alla presenza di mucillagini, ha proprietà emollienti, lenitive  ed espettoranti e viene utilizzata in decotti, ma anche in cosmesi.
Lo sciroppo di giuggiole è ottimo per la tosse.
I semi contengono composti ad azione sedativa.
Hanno circa 80 calorie per 100 g di prodotto.


Utilizzo in cucina, cosmesi e decotti

Il famoso “brodo di giuggiole” è un liquore dolce che si ottiene dalla macerazione idroalcolica di giuggiole mature con l’aggiunta di altra frutta come mele cotogne, uva e scorze di limone. Si può gustare ghiacciato in estate e caldo in inverno.

Crema di ceci e giuggiole.
Ingredienti: mezzo kg di ceci lessati, 150 g di giuggiole denocciolate e tagliate a pezzetti, mezza cipolla, un gambo di sedano, mezzo lt di brodo vegetale, 20 g di burro.
Passate i ceci lessati in padella con la cipolla tritata, sedano e burro. Aggiungete il brodo vegetale e cuocete per circa mezz’ora, poi aggiungete le giuggiole, sempre aggiungendo il brodo, e continuate la cottura per altri 20 minuti. Passate tutto nel frullatore.

Con le giuggiole si possono ottenere delle ottime marmellate, confetture e gelatine.

In Asia si consumano secche, vengono chiamate “datteri cinesi” e si conservano in salamoia, alcol e aceto.

Lo sciroppo di giuggiole si ottiene bollendo le giuggiole lavate: si passano al setaccio e si rimettono a bollire con lo zucchero.

Decotto di giuggiole per la tosse. Fate bollire le giuggiole a pezzi, circa 100 g in 250 ml di acqua per 10 minuti. Lasciate riposare per 10 minuti e filtrate, volendo si può dolcificare con un cucchiaino di miele, ma è già dolce.
Sono utilizzate anche in cosmetica per maschere emollienti ed idratanti per pelli secche.

Un po’ di storia

Lo splendore delle giuggiole è durato secoli.
Erodoto (V sec. A.C.) raccontava che i Fenici producevano un vino con le giuggiole e, da raggrinzite, le paragonò ai datteri.
Durante il Rinascimento i cuochi le utilizzavano nelle loro prelibatezze e i Gonzaga le apprezzavano molto, tanto da avviare una coltivazione.
Il loro declino iniziò con gli anni Cinquanta. Il boom economico e la grande distribuzione mise nel dimenticatoio i cibi poveri fra cui le giuggiole.


Controindicazioni
Non ci sono controindicazioni specifiche o particolari, è bene comunque chiedere il parere medico qualora si assumano farmaci di cui non si conoscono le interazioni.


Scritto da Angela Ballarati
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giovedì 6 settembre 2018

Melone: proprietà e utilizzo


Il melone: le varietà, come si sceglie, come conservarlo, cosa contiene, quando è utile e quando è sconsigliato.
Il melone Momordica: pianta medicinale,  nella medicina Ayurvedica, per i diabetici.
In cucina:cocktail di melone
Per la pelle: maschera al melone

Il melone, chiamato anche popone, è una pianta strisciante con foglie grandi a forma caratteristica di palmo della mano.

Il nome scientifico è Cucumis melo e appartiene alla famiglia delle Cucurbitaceae, come l’anguria o cocomero, il cetriolo e la zucchina, tanto per citare le più familiari.
Il frutto delle cucurbitaceae è il peponide.
I frutti sono di medie dimensioni, del peso di 1 kg circa, con forma ovale o sferica.
La sua buccia, molto dura, può essere a reticolo o liscia e il colore varia dal verde al giallo brillante.
La polpa del melone va dal verde al giallo brillante.
Il melone matura da luglio a ottobre, ma, la grande distribuzione li fornisce tutto l’anno, coltivati in serra (aprile, giugno) o di provenienza estera.
                                            
Come si sceglie e quali varietà offre il mercato

Del melone ne esistono diverse varietà che si classificano in due grandi gruppi:  invernali ed estivi.

Fra i meloni estivi, a polpa arancione, ci sono i meloni retati con la buccia reticolata, la polpa arancione, la corteccia giallo-verdognola, solcata da venature e quelli con  buccia liscia di colore giallo e solchi color verde. I meloni estivi presentano una minore conservabilità rispetto a quelli invernali.
I meloni invernali hanno polpa bianca o verdastra come il Piel de sapo.

Alcune varietà, le più note, del melone come frutto sono:

Cantalupo, o cantalupensis, polpa giallo-arancio e buccia reticolata. Così chiamati perché venivano portati dai missionari asiatici al castello pontificio di Cantalupo sui colli romani.

I meloni retati, o reticulatus, polpa bianca o giallo-verde con buccia reticolata.

I meloni d’inverno, o inodorus, con polpa biancastra o rosata e buccia liscia.

Le varietà di melone sono davvero numerose, quelli coltivati in serra sono meno gustosi di quelli coltivati in campo.

Fra i meloni consumati come ortaggio, cioè raccolti prima della maturazione, i più noti sono:
il melone serpente che si utilizza come il cetriolo e il momordica o melone amaro.

I maggiori produttori ed esportatori di meloni sono: la Cina, la Turchia, gli USA, la Spagna, il Marocco, la Romania, l’Iran, Israele, l’Egitto e l’India.
In Europa dopo la Spagna, per produzione, c’è l’Italia e la Francia.

MOMORDICA o KARELA

Il melone Momordica o zucca amara è utilizzato come pianta medicinale nella medicina ayurvedica ed è apprezzato e utilizzato nella cucina indiana, cinese, giapponese, filippina …

Il melone Momordica Charantia (Karela) è una pianta rampicante diffusa in Asia e Africa e sempre della famiglia delle Cucurbitaceae.
Sia il frutto,  che le foglie e i semi sono commestibili e molto nutrienti.
Contengono ferro, calcio, fosforo, potassio e vitamine A, B, C, e  betacarotene.
In Italia è nota come Zucca amara, è simile ad un cetriolo con la buccia spinosa, e viene raccolta prima della maturazione per ridurre il gusto amaro del frutto che è fra la zucca e la zucchina.
L’interessante di questa specie di melone è il suo uso nella medicina Ayurvedica, infatti viene utilizzato come alimento per i diabetici, inoltre alcuni studi sostengono che, contenendo un polipeptide, la gurmarina  (presente anche nella Gymnema Silvestre), sia ipoglicemizzante cioè abbia effetto simile all’insulina agendo come regolatore dei livelli di glucosio ematico nei soggetti diabetici.

Il Centro di Scienza dell’Alimentazione di Bourgogne, in Francia, ha svolto un interessante ricerca sull’obesità e i recettori dei sapori dolci. La gurmarina sarebbe in grado di inibire questi recettori (nei roditori) e il risultato incoraggia approfondimenti (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22983596).

Contiene anche luteina e zeaxantina, antiossidanti per la salute dell’occhio, prevengono la degenerazione maculare e  migliorano l’acuità visiva.
Questo melone amaro, prima del consumo, viene messo sotto sale o in acqua salata per mezz’ora per attenuare l’amaro.


Cosa contiene il melone

Il melone è composto per il 90% da acqua, le calorie sono solo 54  per 100 grammi di frutto.

Il colore arancione, così come il giallo, denota presenza di pigmenti carotenoidi. Il betacarotene è il precursore della vitamina A importante per la vista e per la pelle, aiuta la rigenerazione cellulare e contrasta i radicali liberi, è quindi antinvecchiamento.

Il melone contiene anche vitamina C e vitamine del gruppo B.

E’ ricco di potassio, calcio, fosforo e ferro.

Le fibre contenute lo rendono leggermente lassativo.

Il melone cantalupo, superficie ruvida e polpa giallo-arancio, contiene adenosina, sostanza anticoagulante, che svolge azione preventiva contro i problemi cardiocircolatori.


Quando è utile e quando è sconsigliato

E’ consigliato nelle diete ipocaloriche. Con le poche calorie contenute, il melone è consigliato come spuntino “spezzafame”.

Svolge un’azione diuretica, leggermente lassativa e rinfrescante, utile in caso di stitichezza, emorroidi, reumatismi e gotta.

In estate, dato il contenuto acquoso, circa il 90%, e minerale, è un ottimo rinfrescante e contrasta la disidratazione.

E’ sconsigliato, per l’apporto zuccherino (dall’1 al 6%), in caso di diabete ed a coloro che presentano difficoltà digestive. Il melone, infatti, appartiene alla famiglia delle cucurbitaceae, come il cetriolo e l’anguria, e può risultare indigesto.

Il melone: alimento anche per la pelle

Come alimento non c’è tantissimo da scrivere.
Viene servito fresco come frutto, insieme al prosciutto crudo nelle calde giornate estive e, se volete assaggiare qualcosa di diverso o avete ospiti, il cocktail di melone potrebbe rappresentare una fresca novità.

Cocktail di melone
Ingredienti: 2 o più varietà di melone, succo di arancia o di limone, spumante, sale, zucchero e foglie di menta fresca.
Tagliate il melone a metà e privatelo dei semi. Con uno scavino ricavate tante palline, mettetele in una ciotola capiente, irrorate con il succo di arancia o limone e aggiungete lo spumante, il sale, lo zucchero e le foglioline spezzettate di menta. Servite ben freddo come antipasto o dessert.

Il melone per la pelle: maschera per pelli secche, irritate o in caso di leggere scottature.

Maschera di melone
Dopo aver eliminato semi e buccia, frullate 100 g di polpa e passatela da un colino e un panno di cotone spremendo bene per ottenere il succo. Mescolate il succo ottenuto con 100 ml di latte e applicate sul viso lasciandola per almeno 10 minuti. Sciacquate con acqua tiepida e ripetete per almeno 10 giorni.
Il melone è ricco di vitamina A e B che svolgono azione idratante e decongestionante.


Acquisto e conservazione

Un buon melone gustoso deve possedere alcune caratteristiche.

Il peso deve essere proporzionale alle dimensioni, nel senso che un melone leggero probabilmente ha poca polpa.

La maturazione: il melone è considerato maturo se l’estremità opposta a quella del picciolo è elastica e torna nella sua posizione originale dopo una leggera pressione.

Il profumo caratteristico del melone maturo si deve fiutare.

Il melone maschio (ha un punto nero all’estremità opposta al picciolo) è più gustoso del melone femmina.

Il melone maturo è pesante e con un profumo intenso. Sono da evitare i frutti cedevoli al tatto.
Deve avere un buon profumo dolce e non deve tendere al verde perché senza profumo e di colorazione verde è acerbo.
Si conserva fuori dal frigorifero in zone fresche, il caldo e il sole aumentano il tempo di maturazione e, soprattutto il melone retato, è un frutto che matura e marcisce velocemente.
Mettetelo nel frigorifero, nello scomparto in basso della frutta, qualche ora prima del consumo.


Un po’ di storia

Il melone e l’anguria sono originari dell’Asia meridionale e dell’Africa tropicale dove cresce spontaneo nei pressi di pozze d’acqua. Ne indica altresì la presenza.
Nel V secolo a.C. era già conosciuto presso gli Egizi.
 I greci lo portarono in Italia, precisamente in Campania, nel I secolo a.C.



Scritto da Angela Ballarati
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La bibbia del vegano, Crocker Newton Ed. – Salute e benessere secondo natura Fabbri Ed. - https://it.wikipedia.org/wiki/Cucumis_melo -- https://it.wikipedia.org/wiki/Momordica_charantia - https://en.wikipedia.org/wiki/Gurmarin


martedì 31 luglio 2018

Viola mammola e viola del pensiero: proprietà e utilizzi.

Viola mammola e viola del pensiero: spontanee e commestibili. 

I principi attivi della viola esplicano attività antinfiammatoria, emolliente, espettorante, lassativa, decongestionante, sudorifera e depurativa delle pelle.

Sciroppo alla viola.




La viola mammola, famiglia delle Violaceae, detta anche violetta o mammoletta, è una pianta erbacea perenne che raggiunge i 10-15 cm, ha foglie cuoriformi di colore verde scuro e fiori, a cinque petali, molto profumati che sbocciano alla fine dell’inverno, di colore blu-violetto.
E’ molto diffusa a scopo ornamentale.

Mességué: “Esistono diverse specie di viole che, per semplicità, suddivido in due gruppi. Quelle a tre petali superiori e tre inferiori (come la viola mammola o la violetta) e quelle che hanno quattro petali superiori ed uno inferiore (come la viola del pensiero). Le più diffuse sono le prime che troviamo in numerose varietà fra le quali troneggia la viola mammola. Il secondo gruppo comprende la viola del pensiero, la viola tricolore, la viola del pensiero gialla e altre, abbastanza diffuse allo stato selvatico …”

Tolosa è famosa come la città della violetta, dove viene impiegata per produrre caramelle, marmellate, pasta di fiori, cioccolatini, oltre che sciroppi e decotti.
Il suo nome scientifico è Viola odorata, famiglia delle Violaceae, e alcuni dei suoi nomi locali sono: Viola oppina in Lombardia, Zoppina in Veneto, Viola d’foss in Emilia, Mammoletta, Roseviole in Calabria …
Il suo profumo caratteristico è sfruttato dall’industria profumiera, ma anche da quella alimentare.
I fiori si raccolgono appena sbocciano, da febbraio a maggio, e si conservano, ben essiccati, in sacchetti di carta o tela. Secondo Mességué è meglio raccoglierli al mattino, col tempo asciutto, dopo la rugiada. Si essiccano, i fiori, all’ombra, perché mantengano il colore e il profumo.


Cosa contiene

La pianta, le foglie e i fiori, contiene acido salicilico e suoi derivati, mucillagini (10%), tannini, flavonoidi (rutina, violaquercitina, violantina), carotenoidi, glucosidi, saponine e oli essenziali responsabili del suo profumo inconfondibile.
Le radici sono fortemente emetiche (provocano il vomito).


Come si utilizza

La viola mammola è reperibile, essiccata, nelle erboristerie per la preparazione di tisane, ma anche come olio essenziale e sciroppo, molto spesso con altri componenti.
Come alimento è utilizzato nell’industria alimentare per gelati e caramelle, i suoi fiori sono utilizzati, canditi, in pasticceria.
Sia i fiori che le foglie sono commestibili.
Le foglie si raccolgono in inverno e si utilizzano crude nelle insalate, ma anche cotte nei timballi, torte salate, nelle minestre risultano addensanti. Il loro sapore è dolciastro.
I fiori, anche loro addensanti, si aggiungono alle insalate e sono leggermente lassativi.
Naturalmente raccoglietele in luoghi lontani da fonti di inquinamento, come quelli urbani.

Il decotto si prepara versando 5 g di fiori in 100 ml di acqua fredda. Si porta a ebollizione e si lascia sobbollire per 10 minuti, poi si filtra.

L’olio essenziale si ottiene per distillazione a vapore dei fiori e delle foglie.

Sciroppo. Lo sciroppo si trova in commercio e si utilizza sia per aromatizzare dolci o colorare e arricchire cocktail, ma anche per le benefiche virtù in caso di malattie da raffreddamento.
Si può auto-produrre, con questa semplice ricetta: mettere 10 g di fiori in 100 ml di acqua oligominerale e lasciar macerare per 24 ore. Filtrare, unire 200 g di zucchero e cuocere a fuoco minimo per 15 minuti mescolando affinché non attacchi.  Lasciar raffreddare e travasare in vetro scuro.


Quando può essere utile

 I principi attivi della viola esplicano attività antinfiammatoria, emolliente, espettorante, lassativa, decongestionante, sudorifera e depurativa delle pelle.

In caso di tosse e malattie da raffreddamento. I principi attivi della pianta esplicano attività  antinfiammatorie, decongestionanti, emollienti, espettoranti e sudorifere. In questo caso può essere utile lo sciroppo o la tisana.

Per acne, eczemi, fragilità capillare ed eruzioni cutanee può essere d’aiuto il decotto da utilizzare come tonico sulla parte interessata oppure si miscela l’olio essenziale in olio di mandorle (30 gtt in 50 ml) per toccature sulla zona interessata.

Utile per la pelle grassa (per uso interno ed esterno), per le piaghe da decubito con cataplasmi sulla zona interessata, anche per maschere per il viso, purificanti e depurative.

Gli erboristi parlano di viola selvatica.

I fiori, essiccati, sono utili in caso di tosse, per le proprietà espettoranti.

Le foglie sono lassative.

Le radici possiedono proprietà emetiche (promuovono il vomito).

Mességué: “Nella famosa “Tisana delle 7 erbe”, sedativa delle infiammazioni dell’apparato respiratorio, la viola mammola costituisce uno degli ingredienti fondamentali con il papavero, la malva, l’altea, il tasso barbasso e il piede di gatto per curare e guarire raffreddori, angine, bronchiti, polmoniti, tossi convulse e altri malanni similari … le viole hanno la caratteristica di essere bechiche, cioè calmanti della tosse. In generale si rivelano calmanti e toniche ed il principio dolce (mucillagini), secreto dalle foglie, lenisce tutte le infiammazioni (interne o esterne), i disturbi agli occhi e le irritazioni dello stomaco e dell’intestino. Semi e rizomi sono emetici (provocano il vomito) e purgativi … “

CONTROINDICAZIONI. Non utilizzare in caso di ipersensibilità ad uno o più dei suoi componenti. Dosi elevate possono provocare diarrea e vomito. Prima di utilizzare consultare il medico.

Un po’ di storia

Gli antichi consideravano la viola un fiore sacro. Si cingevano la fronte per celebrare il dio Saturno e la consacravano al dio Pan (fauno nella mitologia romana), il grande fecondatore che rappresentava tutta la natura.
I greci e i romani la utilizzavano e ne apprezzavano le proprietà taumaturgiche (miracolose).
Ippocrate ne vantava le virtù per guarire i mal di testa, i disturbi conseguenti ai fumi dell’alcol, la malinconia, gli eccessi di bile, le infiammazioni delle vie respiratorie e i malanni della vista.
Il grande saggio arabo Meshué la riteneva lassativa, guaritrice dell’angina, lievemente ipnotica e attiva per curare i malanni del fegato.
Nel tempo, la viola, ha conosciuto, in popolarità e considerazione, alti e bassi anche se è  sempre stata considerata un componente essenziale della farmacopea vegetale.



Viola del pensiero o viola tricolor

La viola del pensiero è una pianta erbacea annuale, a volte biennale, alta fino a 40 cm con una corolla formata da 5 petali.
Le foglie inferiori sono ovali con un lungo picciolo e quelle superiori sono lanceolate.
I fiori sono di un bellissimo colore blu intenso e giallo o viola pallido e bianco.
Il frutto è una capsula glabra di forma allungata racchiusa alla base. A maturità si apre in tre valve contenenti numerosi semi bruni.
Cresce spontanea negli incolti e nei campi di grano di tutte le aree temperate dell’Europa e dell’Asia.
Viene utilizzata spesso a scopo ornamentale nei giardini.
Le foglie e i fiori (la droga) si raccolgono in aprile-agosto, durante la fioritura, mentre le gemme in primavera.


Cosa contiene

I principi attivi contenuti sono: saponine, tannini, mucillagini (10%), vitamina C, carotenoidi, acido salicilico  (0,3%), flavonoidi: viola xantina, violaquercitina, violamina.


Come si utilizza

La tisana: si ottiene versando 100 ml di acqua bollente su 4 g di fiori e foglie, coprire e far riposare per 10 minuti.

Decotto: si mettono 6 g di fiori e foglie in 100 ml di acqua fredda e si porta ad ebollizione; si lascia bollire per 10 minuti e si filtra.

Tintura madre: si macerano i fiori, per tre settimane, in una miscela di alcol alimentare e acqua. Si filtra e si utilizza, si trova già pronta nelle erboristerie.

Estratto secco: si trova in capsule, in vendita nelle erboristerie e farmacie specializzate, e si ottiene dalle foglie e dai fiori essiccati.

Macerato glicerinato: si ottiene dalle gemme della pianta che si macerano, per tre settimane, in una miscela di alcol e glicerina, si filtra e si diluisce in acqua, alcol e glicerina. Anche il macerato si trova già preparato nelle erboristerie.

Quando può essere utile

Per problemi di pelle perché i principi attivi della pianta possiedono proprietà lenitive. Utile in caso di acne, eczemi ed eruzioni cutanee. Si utilizza la tintura madre, l’estratto secco in capsule con periodi di sospensione e, per aumentare l’effetto, si può impiegare il decotto per lavaggi ed anche spennellature, acqua sterile e tintura madre al 20%, sulle zone interessate.
Nelle affezioni croniche viene indicato il macerato glicerinato di viola del pensiero (Viola Tricolor M.G.) anche in associazione con il macerato glicerinato di Ribes Nigrum.

Per la tosse ed il catarro è utile la tisana espettorante.

Per uso interno è depurativa, diuretica ed un blando lassativo.

Per uso esterno rientra, come componente, in formulazioni per ridurre le infiammazioni cutanee. Si fanno cataplasmi con le foglie fresche schiacciate per favorire la cicatrizzazione di piaghe e piccole ferite.
Alla viola del pensiero vengono attribuite anche proprietà sudorifere.
Alcuni ricercatori la ritengono utile in caso di crosta lattea dei bambini.

L’esperienza erboristica prevede l’impiego della varietà selvatica e non di quella coltivata.

Nella cosmesi popolare si prepara un infuso con ¾ di tazza di fiori di viola secchi o freschi e latte. Si lascia raffreddare e si utilizza per ammorbidire la pelle del viso e delle mani.

CONTROINDICAZIONI. Non utilizzare in caso di ipersensibilità ad uno o più componenti. Dopo l’utilizzo dell’infuso le urine assumono un odore sgradevole.


Scritto da Angela Ballarati
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