lunedì 6 marzo 2017

QUINOA, pseudocereale privo di glutine. Proprietà e benefici.

QUINOA, pseudo-cereale privo di glutine, proteico e mineralizzante.
Germogli di quinoa.
Quinoa e saponine.
Quinoa in cucina.
La quinoa è una pianta erbacea annuale della famiglia delle Chenopodiaceae, come gli spinaci e la barbabietola, che viene definita pseudo-cereale perché, pur non contenendo glutine, è molto ricca di amido, anche se in misura minore rispetto ad altri cereali, e non appartiene alla famiglia botanica delle graminaceae.
Della pianta si utilizzano anche le foglie, come gli spinaci, però difficilmente reperibili  visto che è coltivata soprattutto in Perù e Bolivia, da più di 5000 anni. Gli Inca la chiamano “chisiya mama” che in quechua significa “madre di tutti i semi” ed oggi riscuote successo non solo sulle tavole di vegetariani e vegani.
E’ ideale per chi soffre di celiachia, ma è anche un alimento energizzante e nutriente, per il contenuto proteico, e rimineralizzante, per il contenuto in sali minerali. E’ adatta, quindi all’alimentazione di tutti, convalescenti, anziani, sportivi …
La varietà più utilizzata è la Quinoa Real per il suo basso tenore di saponine, ma ne esistono più di 200 varietà. Quelle che più facilmente si trovano in commercio sono la quinoa gialla, la rossa e la nera.
La quinoa può raggiungere i 3 m di altezza a seconda della cultivar, delle condizioni ambientali e del terreno. L’infiorescenza è a pannocchia e il frutto ha forma cilindrica. E’ una pianta molto rustica con basse esigenze nutrizionali per cui potrebbe rappresentare una valida alternativa di coltivazione anche in zone collinari. La semina è primaverile e la raccolta ad agosto.

Nella Medicina Tradizionale Cinese, la quinoa è un alimento riscaldante che tonifica lo yang. Il deficit dello yang di rene presenta sintomi come la freddolosità diffusa e arti freddi, diarrea, specie al mattino, lingua pallida e altri sintomi che vengono valutati da esperti in MTC.


COSA CONTIENE
La quinoa possiede un buon apporto proteico e per le sue caratteristiche nutrizionali, digeribilità e apporto energetico è impiegata nell’alimentazione degli astronauti della NASA. Inoltre il 2013 è stato proclamato, dalla FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), anno internazionale della quinoa per il ruolo importante nel combattere la fame e la malnutrizione.
Alcuni la definiscono un superfood (super cibo), vocabolo inglese che definisce quegli alimenti ricchi di proprietà salutistiche particolarmente interessanti per la salute.
100 g di quinoa forniscono circa 368 kcal, simili a quelle del mais (365 kcal), ma superiori al riso che vanta a crudo 330 kcal, ma che si riducono una volta cotto perché assorbe una quantità d’acqua doppia aumentando il suo potere saziante.  E’ superiore anche all’amaranto, altro pseudo-cereale privo di glutine,  che apporta 102 kcal per 100 g.
L’indice glicemico della quinoa è il più basso fra i cereali e pseudo cereali.
La quinoa è costituita in gran parte, circa il 76%, da carboidrati. Il suo contenuto proteico è importante, circa il 16%, qualità che la distingue dagli altri cereali più poveri, e il 7% ca. sono lipidi. Anche il contenuto in fibre è buono.
Proteine: le proteine della quinoa sono considerate ad alto valore biologico perché contengono tutti gli amminoacidi essenziali (quelli che l’organismo non produce da sé ma devono essere introdotte con l’alimentazione). L’apporto proteico è superiore al mais, altro cereale privo di glutine, ma inferiore all’avena.
Vitamine: la quinoa contiene vitamine come la A, vitamine del gruppo B come la B1, B2, B3, B5, B6, folati e vitamina E.
Minerali: calcio, magnesio, ferro, fosforo, rame, zinco, ma anche potassio, manganese e selenio.
Lipidi: 100 g di quinoa contengono circa 6 grammi di grassi, per la maggior parte si tratta di polinsaturi, e zero colesterolo.
Fibre: sono circa 7 grammi (sempre su 100 g), importanti per il regolare funzionamento intestinale e per abbassare l’indice glicemico.

QUINOA e GERMOGLI

La quinoa è uno pseudo-cereale che germoglia in un tempo molto breve,  rispetto agli altri cereali.
I germogli moltiplicano le proprietà dei chicchi.
I chicchi vanno lasciati in ammollo in acqua per mezz’ora, quindi vanno lavati bene, sgranandoli, più volte, per eliminare le saponine (sostanze amare) e renderli più dolci al palato.
Dopo averli sciacquati trasferire la quinoa nel germogliatore e versate dell’acqua a temperatura ambiente (circa 20 gradi) nel contenitore sottostante. Cambiate l’acqua e sciacquate i chicchi ogni 8 ore (2/3 vote al giorno) e non esponete il germogliatore ai raggi diretti del sole.
Dopo 1 o 2 giorni avrete i vostri germogli da consumare crudi, nelle insalate, o cotti leggermente per non distruggere i preziosi nutrienti.

QUINOA e SAPONINE
Le saponine (creano schiuma a contatto con l’acqua) sono sostanze prodotte dalla pianta per proteggersi dalle aggressioni patogene esterne, come i funghi.
In termini scientifici, le saponine, sono glicosidi terpenici di origine vegetale che prendono il nome dalla Saponaria officinalis che veniva coltivata un tempo per il lavaggio della lana.
In alcuni casi sono già presenti nella pianta, come nell’avena (per questo è il cereale più resistente alle muffe), in altri vengono prodotte nel caso in cui la pianta abbia subito un danno.
Il problema delle saponine è l’azione irritante sulle mucosa faringea e intestinale, anche se le vengono riconosciute proprietà antimicrobiche, antinfiammatorie, espettoranti (come la liquirizia che le contiene), antiedemigene (che impediscono la formazione degli edemi come l’ippocastano) o capillarotrope (cioè che incrementano la resistenza dei capillari migliorando la microcircolazione come la centella asiatica). Vengono utilizzate dall’industria per la produzione di ormoni steroidei come il testosterone e il cortisolo.

COLTIVAZIONE DELLA QUINOA IN ITALIA
La pianta della quinoa resiste alla siccità, alla temperatura e al grado di salinità del terreno, per cui si adatta a molti terreni. Non si acclimata in terreni con ristagni acquosi ed è sensibile alle gelate nel periodo della fioritura.
La resistenza e i valori nutrizionali hanno scelto la quinoa per progetti volti alla sua introduzione in Italia. Una ricerca del 2013/2015, del Dipartimento delle Scienze delle produzioni vegetali sostenibili di Piacenza, ha avviato la coltivazione nell’area del pavese e, dei 31 genotipi testati e provenienti da Colombia, Perù e Bolivia, si sono dimostrati  poco adatti alle condizioni pedo-climatiche dell’Italia Settentrionale.
La coltivazione quindi presenta delle difficoltà, ma può essere avviata in Italia, infatti nel marchigiano si coltiva in modo sostenibile sotto il profilo ambientale, sociale ed economico.
Notizia molto interessante è che, attualmente, in Europa non si conoscono fitofarmaci registrati che si utilizzino nella coltivazione, cioè non esiste nessun agro-farmaco ammesso all’uso sulla quinoa, solo la concimazione può differenziarsi in organica e di sintesi.

QUINOA in CUCINA

La quinoa è molto nutriente e digeribile, germoglia rapidamente e cuoce in pochissimo tempo quadruplicando il suo volume.
Come si utilizza  in cucina?
Semplicemente bollita in acqua salata per 15/20 minuti lasciandola a riposare per 10 minuti in modo che i chicchi assorbano tutta l’acqua. In questo modo è utilizzabile come il riso unita a verdure di stagione stufate, olio e maggiorana. Nella stagione estiva si può aggiungere  alle verdure appena scottate come cipolla, pomodorini, peperoni e carote a julienne: nutriente e saporito primo piatto.
Una volta bollita può essere aggiunta a verdure crude, esattamente come per il riso nelle insalate fredde. Si presta anche ad essere frullata, una volta cotta, con verdure cotte, come le zucchine o i broccoletti, per preparare delle crocchette.
Idea per una colazione dolce: alternatela ai fiocchi d’avena con l’aggiunta di  cannella, miele e uvetta sultanina.
Si consuma anche bollita dopo averla precedentemente tostata in padella: assume un gusto particolare.
Gli utilizzi sono vari e appetitosi, esattamente come per altri cereali, sostituite il riso o la pasta  nelle minestre.
La farina di quinoa è acquistabile online o nei negozi di alimentazione naturale.
Può essere panificata miscelata con altre farine.
Si utilizza nei dolci o nei timballi al forno, ma vi consiglio, se non l’avete ancora assaggiata, di iniziare miscelandola ad altre farine.
Provate le crepes con uova, farina di riso, farina di quinoa, latte di cocco e un cucchiaio di zucchero di canna, magari con l’aggiunta di mezza mela grattugiata: è una colazione energetica.
E’ adatta ad anziani e bambini perché ricca di proteine (14%) e di lisina, un amminoacido essenziale di norma carente negli altri cereali e presente nella quinoa in quantità quasi doppia rispetto al frumento.
Contiene buone quantità di calcio, ma anche fosforo, potassio, ferro, magnesio, zinco, manganese e selenio che la rendono un alimento rimineralizzante adatto in convalescenza.

Acquistatela biologica per essere sicuri che non presenti residui di pesticidi.

CONTROINDICAZIONI. E’ sconsigliata ai bambini inferiori ai 2 anni di età per la presenza di saponine, dato l’intestino ancora immaturo, e alle mamme che allattano.

Scritto da Angela Ballarati
Metti “mi piace” sulla mia pagina facebook: benessere natural-mente
Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a scopo informativo, si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare, evitare in caso di ipersensibilità accertata verso uno dei componenti. I suggerimenti e le indicazioni descritte in quest'articolo non intendono in alcun modo sostituire le terapie consigliate dal proprio medico curante. L'autrice non è responsabile delle possibili conseguenze legate all'incompleta od erronea interpretazione del testo. Le foto e i testi sono riproducibili, non a scopo di lucro, altrove, solo citando la fonte: autore e link attivo del blog. Questo blog non rappresenta una testata giornalistica poiché è aggiornato senza nessuna periodicità, pertanto , non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 07.03.2001.
 http://www.valori-alimenti.com/nutrizionali/tabella20035.php - .wikipedia.org/wiki/Chenopodium_quinoa - Mangiar sano e naturale M: Riefoli - http://www.tuttoquinoa.com/dario-vannuzzi/la-coltivazione-della-quinoa/- http://dipartimenti.unicatt.it/diproves-progetti-di-ricerca-coltivazione-della-quinoa-in-italia-settentrionale -it.wikipedia.org/wiki/Saponine- www.mypersonaltrainer.it/farmacognosia/81saponine.html 

martedì 7 febbraio 2017

Cardo mariano e silimarina: proprietà e benefici

CARDO MARIANO
Proprietà, benefici e ricerca.
Utilizzi nella tradizione popolare e medica.
Il cardo in cucina.

Il cardo mariano, Silybum marianum della famiglia delle Asteraceae (Composite), è diffuso nell’Italia meridionale e centrale, raramente si osserva nelle regioni settentrionali; cresce nei campi incolti, nei pascoli, lungo i margini dei sentieri e tra i ruderi fino a 1100 m.
E’ una pianta erbacea biennale con un’altezza variabile dai 50 cm ai 150 cm; presenta foglie inferiori larghe,  striate di bianco e con bordo spinoso, sormontate da un unico stelo terminante con un fiore di colore violetto attorniato da spine.
I fiori sono riuniti in capolini posti al termine del lungo stelo.
Il frutto è un achenio di colore scuro e sormontato da un pappo a setole biancastre.
Un’antica leggenda racconta che la Vergine Maria, in fuga verso l’Egitto per sottrarsi a Erode che voleva uccidere il piccolo Gesù, si fermò ad allattarlo nel deserto vicino ad una pianta di cardo. Qualche goccia del suo latte cadde sulle foglie che da allora, si racconta, sono striate di bianco.
Le parti utilizzate sono le foglie e i getti primaverili, i capolini prima della fioritura e i semi in fitoterapia.

Quando si raccoglie

Le foglie si raccolgono in primavera e si essiccano all’ombra.
Le radici si asportano in primavera o autunno e si essiccano.
I semi si raccolgono in luglio-agosto, quando i capolini iniziano ad aprirsi, dopo la fioritura. Si recidono e si fanno asciugare, successivamente si battono e si setacciano per separarli dalle parti estranee.
Si conservano in sacchetti di tela.

Cosa CONTIENE e quali sono le PROPRIETA’ benefiche

Il cardo mariano contiene tannini, sostanze amare, flavolignani (silimarina costituita  da silibina, silicristina e silidianina),  flavonoidi (quercitina,  apigenina), tocoferoli, steroli, amine (istamina, tiramina), saponine, resine, mucillagini e oli.
Le radici hanno proprietà diuretiche e febbrifughe, le foglie sono aperitive (stimolano l’appetito), ma la parte della pianta più interessante è costituita dai semi di cui sono state confermate le virtù epatoprotettrici, disintossicanti e curative del fegato, oltre che diuretiche, febbrifughe, tonico-stimolanti e carminative (facilita l’espulsione dei gas intestinali).

La silimarina contenuta nel cardo mariano possiede proprietà antiossidanti ed epatoprotettrici, viene utilizzata per curare problemi dovuti all’alcolismo, cirrosi epatiche, steatosi alcolica, intossicazioni del fegato, epatiti virali. Accelera il processo di rigenerazione del fegato aumentando l’attività metabolica delle cellule epatiche (epatociti); stimola la sintesi proteica e possiede proprietà di difesa contro sostanze epato-tossiche, tossine e alcol. La sua azione si esplica attraverso la modificazione delle membrane cellulari degli epatociti impedendo alle sostanze tossiche di penetrare all’interno. Per il trattamento di questi disturbi, il cardo mariano viene assunto come estratto secco, titolato (per il contenuto di silimarina) e sotto stretto controllo medico.


-      La silimarina mostra effetti protettivi nei confronti di sostanze tossiche come il tetracloruro di carbonio (molto utilizzato all’inizio del secolo come solvente nel lavaggio a secco), l’amanitina e la falloidina (contenute nei funghi velenosi).

-      Aumenta i livelli epatici di glutatione, uno fra i più importanti antiossidanti endogeni (prodotti dal nostro organismo) che, oltre a diminuire l’ossidazione favorisce la rigenerazione epatica.
-      In uno studio condotto dalla dottoressa Giuseppina Guarino , Dipartimento Medico-chirurgico di Internistica Clinica e Sperimentale della seconda Università di Napoli e pubblicato sul giornale AMD, si è  associata la berberina (un alcaloide presente nella pianta Berberis aristata, scarsamente biodisponibile) alla silimarina che ne ottimizza l’assorbimento svolgendo, al contempo, azione antiossidante. Obiettivo dello studio è stato quello di valutare riduzioni del grasso addominale in pazienti diabetici di tipo 2 in sovrappeso o obesi, ipercolesterolemici, in trattamento dietetico e in terapia con berberina-silimarina, rispetto a placebo. Lo studio ha evidenziato, dopo 6 mesi,un significativo effetto su peso corporeo e circonferenza vita, senza effetti collaterali. (approfondimenti http://www.giornalediamd.it/pdf/2015_3_F/7.pdf)

-      Più di uno studio ha mostrato come la silimarina costituisca una promotore della lattazione. Uno studio prospettico osservazionale in madri di neonati a termine e pretermine, condotto dall’Unità operativa di Neonatologia dell’Ospedale dei Bambini Buzzi  e Casa di Cura di San Pio X di Milano, ha concluso suggerendo un uso dell’integratore a base di Sylibum marianum e Galega officinalis nelle madri pretermine per la capacità di normalizzare la produzione di latte materno.

-      Alcune ricerche, in vitro, stanno valutando gli effetti della silimarina su varie forme di cancro, come quello al polmone (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27429844).  Uno studio interessante della Saint Louis University (USA), in vitro, ha studiato il comportamento delle cellule cancerose del colon retto trattate con curcumina e silimarina. Sono state utilizzate singolarmente e poi in associazione. Ne è emerso che il trattamento combinato mostrava una quantità elevata di morte cellulare (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27390600). I risultati sono promettenti, ma sono necessari ulteriori studi.

-      La ricerca ha dimostrato l’effetto benefico sul controllo della glicemia nelle persone diabetiche con e senza malattia epatica. Anche questi dati necessitano di approfondimenti.

-      Studi recenti hanno dimostrato che la silibina e la silicristina esercitano un effetto protettivo sui reni dal danno cellulare provocato da paracetamolo.

-      La silibina  svolge un’azione antiossidante e neutralizza i radicali liberi.

Il cardo mariano contiene un alcaloide, tiramina, che stimola il cuore,  restringe i capillari periferici risultando efficace per le emorroidi e le perdite vaginali ematiche.

Facilita la digestione favorendo la secrezione della bile. Alcuni studi hanno confermato le proprietà digestive tramandateci dalla cultura popolare.
I derivati del cardo mariano sono oggi utilizzati in terapia dei disordini epatici, nelle epatiti, nella cirrosi epatica, nelle intossicazioni e negli avvelenamenti, nei disturbi della digestione collegati a disfunzioni epatiche. I frutti di cardo mariano, inoltre, vengono utilizzati in infusi per il trattamento - anche a lungo termine - di lievi disturbi dispeptici  (utilizzo che, per altro, è stato approvato).

Cardo mariano in cucina
In cucina si consumano le foglie, più giovani e tenere, in insalata o cotte nelle zuppe, che ricordano il sapore degli spinaci. La bollitura, anche se non preserva tutte le componenti, elimina  l’amaro. Anche le radici sono edibili, cotte bollite e i capolini sono validi sostituti dei carciofi, si cucinano in acqua come le altre verdure. I fusti decorticati e bolliti si utilizzano come verdura e possono essere ripassati in olio e aglio aggiungendo qualche fogliolina di menta e  funghi o altro, ideali con le uova.

Come si utilizza
Il decotto si ottiene ponendo a bollire 1 cucchiaio di cardo mariano (foglie e radici essiccate) per 2/3 minuti in 250 ml di acqua. E’ utilizzato come colagogo (favorisce ed attiva il trasporto di bile nel duodeno) in caso di disturbi di fegato, ma ha anche proprietà toniche e diuretiche. Il decotto di radici , così come gli utilizzi dei semi, richiedono il parere medico. La silimarina non è molto solubile in acqua, per cui il decotto ha un’azione blanda.
Sicuramente più efficace è la tintura madre, si trova in erboristeria e in farmacia, che viene prodotta lasciando macerare i frutti, per 3 o 4 settimane, in una miscela di alcol alimentare e acqua.
A fini terapeutici viene utilizzato l’estratto secco.  E’ essenziale utilizzare preparazioni definite e standardizzate in principi attivi  (silimarina calcolata come silibina rispetto alla droga essiccata), poiché solo così si può conoscere la quantità esatta di sostanze farmacologicamente attive che si stanno assumendo.

I Rimedi più comuni e della tradizione popolare

I rimedi non sostituiscono le cure mediche e devono essere concordate con il proprio medico curante.
Per depurare il fegato in caso di intossicazione da prodotti industriali o alimenti si utilizza la tintura madre, a volte in associazione alla tintura madre di tarassaco.
Nelle malattie del fegato di carattere cronico si assume l’estratto secco o la tintura madre.
In caso di digestione difficile si utilizza il decotto, prima dei pasti.
Per alleviare i sintomi delle emorroidi si assume la tintura madre di cardo mariano in associazione a quella di ippocastano, noto per le sue proprietà benefiche sui vasi sanguigni.

INTERAZIONI CON I FARMACI
Il cardo mariano può interferire con il modo in cui il corpo processa alcuni farmaci che utilizzano il sistema enzimatico del fegato “citocromoP450”. Di conseguenza, i livelli di questi farmaci possono essere aumentati nel sangue e possono causare un aumento degli effetti o potenzialmente reazioni avverse. Le persone che utilizzano farmaci dovrebbero controllare il foglietto illustrativo. Il cardo mariano può abbassare i livelli di zucchero nel sangue. Le persone che assumono farmaci per il diabete per via orale o l’insulina devono essere attentamente monitorate da un operatore sanitario qualificato. Il cardo mariano può instaurare interazioni farmacologiche con:
  • Metronidazolo, poiché l'assunzione concomitante della pianta o sue preparazioni può diminuirne l'efficacia.
  • Aspirina, poiché il metabolismo del farmaco è alterato dalla contemporanea assunzione della silimarina.
Evitare l'assunzione di cardo mariano in caso d'ipersensibilità accertata verso uno o più componenti, nei pazienti cardiopatici ipertesi  (per la presenza di tiramina nei semi) e nei pazienti affetti da ostruzione delle vie biliari.
ALLERGIE. Evitare la somministrazione in persone con allergia nota o sensibilità al cardo mariano le sue parti, o membri della sua famiglia di piante (ad esempio margherite, carciofi, cardo comune e kiwi). Shock anafilattico e rash da cardo mariano sono stati segnalati in diverse persone.
EFFETTI COLLATERALI E AVVERTENZE. Il cardo mariano è abbastanza sicuro se assunto, in dosi raccomandate, per 4-6 anni. Usare cautela in combinazione con agenti elaborati dal sistema enzimatico del fegato “citocromo P450”. Usare cautela in combinazione con agenti che subiscono un processo di glucuronidazione.
Cautela in donne gravide o che allattano: non vi sono prove sufficienti per sostenere un suo uso sicuro. Ma, a onor del vero, il cardo mariano è stato utilizzato storicamente per aumentare la lattazione e non sono mai stati segnalati effetti collaterali. Attenzione perché la silimarina presente nel cardo mariano può attivare i recettori per gli estrogeni.

Scritto da Angela Ballarati
Metti “mi piace” sulla mia pagina facebook: benessere natural-mente
Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a scopo informativo, si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare, evitare in caso di ipersensibilità accertata verso uno dei componenti. I suggerimenti e le indicazioni descritte in quest'articolo non intendono in alcun modo sostituire le terapie consigliate dal proprio medico curante. L'autrice non è responsabile delle possibili conseguenze legate all'incompleta od erronea interpretazione del testo. Le foto e i testi sono riproducibili, non a scopo di lucro, altrove, solo citando la fonte: autore e link attivo del blog. Questo blog non rappresenta una testata giornalistica poiché è aggiornato senza nessuna periodicità, pertanto , non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 07.03.2001
Le Erbe Fabbri ed. – Erbe che curano Giunti – Salute e benessere secondo natura Fabbri Ed. – Conoscere e riconoscere le erbe Deagostini – Atlante delle erbette di prati, rive Le ricette Ed Baldo -  www.my-personaltrainer.it/erboristeria/cardo-mariano.html - http://www.minervamedica.it/it/riviste/minerva-pediatrica/articolo.php?cod=R15Y2014N05A0375


sabato 21 gennaio 2017

OLIO di COCCO: proprietà, benefici e utilizzi pratici.

OLIO DI COCCO, cosa contiene e quali sono le proprietà attribuitegli dalla ricerca.
Quando può essere utile e utilizzi pratici.
Olio di cocco per la pelle.
Quale scegliere.
Tradizione Ayurvedica.
L’olio di cocco si estrae dal frutto (Cocos Nucifera) stagionato della pianta del cocco. I semi del cocco, privati dell’involucro fibroso e di quello più interno legnoso, presentano una polpa bianca chiamata copra.
Dalla pressatura e bollitura della copra essiccata si ottiene l’olio di cocco che viene raffinato per produrre oli di diversa qualità.
Il suo utilizzo nei paesi tropicali si perde nella notte dei tempi, è utilizzato in cucina e in cosmetica,  possiede la caratteristica di presentarsi in forma  liquida, e incolore, in estate e solida, come burro, in inverno o comunque a temperature inferiori ai 20°.
E’ resistente alle alte temperature (il punto di fumo dipende dalla qualità della raffinazione per il contenuto degli acidi grassi liberi) e quindi adatto alle cottura.  Irrancidisce difficilmente e il suo sapore lo rende facilmente utilizzabile nei dolci.
Oltre all’utilizzo in cucina è altrettanto sfruttato in cosmetica (shampoo, crema da barba, dentifricio)  per la pelle e per i capelli, dall’industria farmaceutica (supposte), nella produzione di margarine e nei detergenti.
                         
Cosa contiene e quali sono le sue proprietà
L’olio di cocco è composto in gran parte da acidi grassi saturi (circa 90%) e, in minima parte, da acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi. E’ privo di colesterolo e fra gli oli vegetali è quello con la minor percentuale di acidi grassi insaturi.
Contiene acido laurico (44-51%), acido miristico (13-18%), palmitico (8-10%), acido oleico (quello dell’olio di oliva),acido caproico (6-10%), acido caprilico (6-9%), stearico (1-3%) e linoleico (inferiore al 2,5%).
Gli acidi grassi contenuti nell’olio di cocco possiedono delle proprietà e un metabolismo  diversi da quelli saturi di origine animale. Sono a catena media e diversi da quelli a catena lunga, infatti  vengono più facilmente utilizzabili dall’organismo perché  metabolizzati come gli zuccheri.  E’ stata dimostrata la capacità dei grassi contenuti nell’olio di cocco di aumentare i livelli di colesterolo HDL (il colesterolo buono) contrastando in tal modo i rischi cardiovascolari
I trigliceridi a media catena (MTC), come l’acido laurico,  favoriscono il senso di sazietà aiutando, in un regime dietetico equilibrato, chi intende perdere peso.
L’acido laurico è un acido grasso, presente in grandi concentrazioni nell’olio di cocco e nel latte materno, è a media catena e con effetto quasi neutro sui lipidi plasmatici. Inoltre l’acido laurico, nell’organismo, viene convertito in monolaurina, una sostanza con proprietà antivirali, antiprotozoarie ed antifungine.
All’acido laurico vengono attribuite proprietà antisettiche, viene venduto come integratore per le sue proprietà anti-infettive (candida, piede d’atleta, herpes simplex) anche se alcuni ritengono che queste proprietà debbano ancora trovare ulteriori conferme scientifiche.

-       Uno studio dell’Istituto di Bioscienza dell’Università di Selangor in Malesia, condotto sui topi, suggerisce il valore potenziale dell’olio vergine di cocco come un olio antistress(http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25452773) . Gli animali trattati con olio vergine di cocco, dopo essere stati sottoposti a modelli di stress, riportavano più alti livelli di antiossidanti cerebrali e un minor peso delle ghiandole surrenali che secernono più cortisolo (ormone dello stress) in periodi di maggior stress.
-       In molte aree dello Sri Lanka l’albero del cocco ed i suoi derivati sono da sempre utilizzati nell’alimentazione, tanto da nominare il cocco “albero della vita”. Per i cingalesi i grassi di cocco rappresentano l’80% del consumo di grassi, circa il 92% di questi grassi sono saturi e questo a portato a demonizzarli, ma questi sono grassi saturi a catena media che non subiscono processi di degradazione e di riesterificazione e sono direttamente utilizzati dall’organismo per produrre energia. (questo articolo mette in evidenza i benefici dell’assunzione www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17180807 Department of Physiology, Faculty of Medicine, University of Kelaniya, Ragama, Sri Lanka).
-       Uno studio brasiliano randomizzato, condotto su 40 donne a cui sono stati somministrati 2 cucchiai di olio di cocco e 2 cucchiai di olio di soia al giorno, ha visto aumentare i valori di HDL (colesterolo buono) a fronte di un valore del colesterolo totale invariato(newsmax.com/Health/Headline/coconut-oil-reasons-use/2016/01/27/id/711517/). Ridurre il colesterolo significa anche diminuire il rischio cardiovascolare.
-       Lo stesso studio ha evidenziato una riduzione di indice di massa corporea e circonferenza della vita. Anche altri studi hanno correlato il consumo di olio di cocco ad un aumento del metabolismo: i grassi saturi a catena media,  più facilmente utilizzabili,  favorirebbero il dimagrimento.
-       L’olio di cocco è presente negli integratori degli sportivi perché rappresenta una fonte di energia facilmente biodisponibile.
-       Alcuni studi hanno evidenziato come l’olio di cocco abbia influenza su malattie come l’Alzheimer, malattia che, non avendo cura definitiva, è oggetto di ricerca per nuove terapie. Uno studio prospettico su 40 pazienti con demenza ha dimostrato l’influenza positiva, a livello cognitivo, dei pazienti con morbo di Alzheimer
(https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26667739) . Una pubblicazione del British Journal of Nutrition e del Journal of Alzheimer riscontrava come il consumo di olio di cocco riducesse  l’accumulo di proteine amiloidi nel cervello, condizione associata al morbo di Alzheimer. L’olio di cocco era protettivo.
-       Il dott. Russel Blaylock, esperto di medicina naturale, in un’intervista rilasciata a Newsmax Salute, ha dichiarato che l’acido laurico contenuto nell’olio di cocco si è rivelato un ottimo antibatterico, anche nei confronti dello Staphilococcus aureus e nei confronti della Candida Albicans. La candida è un fungo che vive abitualmente nel nostro intestino, ma a fronte di un’alimentazione ricca di zuccheri, terapie antibiotiche, terapie con altri farmaci, malattie autoimmuni ecc., può riprodursi in modo eccessivo e provocare una serie di sintomi che vanno dalla stanchezza cronica al gonfiore addominale, dal meteorismo a problematiche gastriche, assottigliamento della mucosa intestinale (leaky gut) ecc. E’ consigliato nei casi di stati infiammatori intestinali perché considerato un antinfiammatorio.
-       Sempre da Newsmax Salute, il dott. Schawartz afferma che un cucchiaino di olio di cocco, prima dei pasti, aiuta la digestione, aumenta il senso di sazietà e aiuta i succhi digestivi ad assorbire i nutrienti degli alimenti.
-       L’American Society for Nutrition conferma che gli studi clinici sull’olio di cocco hanno evidenziato l’utilità nel trattamento e prevenzione in malattie come il diabete, l’osteoporosi, malattie virali, morbo di Chron, malattie della colecisti e cancro.
-       In alcuni studi, i ricercatori hanno osservato (sui topi) un miglioramento del metabolismo del glucosio. I risultati suggeriscono che l’olio vergine di cocco potrebbe diventare un alimento nutraceutico nella prevenzione dell’insulino-resistenza (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26788013).
Gli studi e le ricerche sono numerosi, ma occorre tenere  in  considerazione  che non tutte le conclusioni a cui sono giunti i ricercatori sono verità assolute, molte volte indicano una strada percorribile (che a volte non viene intrapresa per mancanza di interesse economico).  E’ solo la  conferma della continua sperimentazione  che attribuisce un valore certo ai dati ottenuti. 

Olio di cocco per la pelle e molto altro …
La nostra pelle assorbe e cosa c’è di meglio che nutrirla con un prodotto che nutre anche il corpo, ossia si può mangiare? Cosa c’è di più sicuro?
         In uno studio condotto dal Dipartimento di dermatologia di Manila, nelle Filippine, sono stati esaminati gli effetti dell’olio vergine di cocco e di un olio minerale su 117 pazienti affetti da dermatite atopica.  Lo studio ha concluso che, tra i pazienti affetti da lieve a moderata dermatite, l’applicazione topica di olio vergine di cocco, per otto settimane,  risultava superiore a quella di olio minerale,  sia con valutazioni su base clinica che strumentale (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24320105). La dermatite atopica è una malattia cronica della pelle caratterizzata da difetti nella funzione di barriera epidermica e infiammazione, in cui viene aumentata la perdita di acqua e l’incapacità di trattenerla che causa una diminuzione dell’idratazione. Quindi l’olio di cocco costituisce un ottimo idratante.
         L’olio di cocco è un alimento che stimola l’attività della tiroide  e sostiene il lavoro delle surrenali. Gli acidi grassi di cui è composto entrano facilmente nella cellula aumentando la produzione di energia, il metabolismo e migliorando il sistema immunitario. L’ipotiroidismo è una condizione patologica che annovera fra i sintomi dolori articolari e muscolari, in questo senso, l’olio di cocco, riduce le infiammazioni e di conseguenza gli stati dolorosi. Anche la stipsi, così come la secchezza cutanea, condizioni legate all’ ipotiroidismo, vengono alleviate dall’utilizzo dell’olio di cocco.
         Oltre alla pratica dell’oil pulling, potrebbe essere utilizzato come dentifricio. Si miscelano 3 cucchiaini di olio di cocco a 1 di bicarbonato di sodio, 1 o 2 gocce di olio essenziale di menta piperita  donano freschezza all’alito.
         Essendo antimicotico può essere utilizzato per le micosi della pelle o il piede d’atleta, magari aggiungendo qualche goccia di olio essenziale di tea tree che ne potenzia gli effetti antimicotici.
         L’olio di cocco è un’ottima crema per il viso e per il corpo. Rende la pelle morbida, vellutata ed elastica, idratandola e proteggendola dagli agenti atmosferici  senza ungere. Viene considerato un antirughe naturale e compare come  ingrediente in molti prodotti per la pelle affetta da dermatite e psoriasi. Potete riscaldarlo appena un po’ e aggiungerlo agli oli che utilizzate come idratanti per il viso e per il corpo. Riduce sensibilmente le macchie della pelle e un’idea, per le labbra,  è riempire un piccolo contenitore da borsetta, tipo i porta- pastiglie, per avere  a portata di mano, soprattutto nei mesi invernali, un balsamo lenitivo contro freddo e screpolature.
         Per le mani utilizzate olio di cocco con qualche goccia di olio essenziale di lavanda, ottima crema ammorbidente, lenitiva e cicatrizzante.
         Essendo antibatterico può essere utilizzato come deodorante ascellare.  Miscelato con un po’ di bicarbonato, aiuta a tenere lontano i cattivi odori.
         Come antivirale ha effetto sulle afte del cavo orale, per questo è indispensabile che l’olio di cocco sia puro, vergine e biologico.
         Il suo potere idratante lo rende efficace anche applicato sui capelli aridi e sfibrati, li rinforza e li rende lucenti. Riscaldatelo un pochino e massaggiate i capelli tenendo in posa per almeno mezz’ora e poi proseguite con il solito lavaggio.
         L’oil pulling è un’antica pratica indiana, della medicina ayurvedica, che consiste nel passare e agitare in bocca, per circa 10 minuti al mattino a digiuno, dell’olio. In genere si parla di olio di sesamo, ma si utilizza anche l’olio di cocco. Terminati i 10 minuti si sputa. Questa pratica detossifica, espelle i metalli pesanti e i batteri che si depositano nel cavo orale, fortifica denti e gengive e combatte l’alitosi.
         In caso di raffreddore o sinusite, miscelate un cucchiaino di olio di cocco con 1 goccia di olio essenziale di lavanda e 1 goccia di olio essenziale di menta piperita e massaggiate i seni frontali e mascellari ponendo attenzione a non avvicinarvi agli occhi. L’odore è gradevolissimo e aiuta a liberare il naso.
         E’ indicato per la pelle delicata del neonato e del bambino.
Gli impieghi sono davvero innumerevoli: maschere per il viso, scrub viso e corpo …

Olio di cocco e burro di cocco

Il burro di cocco è la polpa del frutto ridotta in purea, è densa e cremosa, con una percentuale di olio contenuto del 60% circa. Il burro di cocco contiene anche altri nutrienti oltre ai grassi. 
L'olio di cocco si ottiene dalla spremitura della polpa che viene separata dal prodotto,  quindi è costituito completamente dalla parte grassa. 

Quale olio di cocco scegliere?
Fino ad ora ho trovato quasi esclusivamente olio di cocco biologico negli ipermercati, ma si trova anche ad un costo inferiore, per il tipo di lavorazione successiva alla spremitura, quello non biologico.
E’ importante che sia per uso alimentare, vergine e puro, cioè che non abbia subito nessun processo industriale di  sbiancamento o profumazione.
L’olio di cocco viene utilizzato, dall’industria alimentare, nei prodotti da forno (pasticceria, salatini, formaggi spalmabili, pop corn …) e  spesso è idrogenato o  ha subito altri procedimenti fisici e chimici.
Nell’idrogenazione, i suoi grassi insaturi vengono combinati con l’idrogeno e trasformati in grassi trans.
Sui grassi si è detto e si dice tutto e il contrario di tutto, anche sull’olio di cocco non c’è concordanza di pareri, ma un punto che trova tutti unanimi è il consiglio di evitare i grassi trans.

Olio di cocco e tradizione ayurvedica
L’olio di cocco, nella medicina ayurvedica, è adatto alle costituzioni Pitta (fuoco) che hanno necessità di rinfrescare pelle, testa e capelli eliminando gli eccessi di calore tipici della costituzione. Infatti in ayurveda è molto usato, puro e  come base per oli medicati per la cura del cuoio  capelluto e dei capelli.

Olio di cocco e indicazioni sanitarie
La FDA (Food and Drug Administration) che è l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, così come l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), l’American Hearth Association, l’American Dietetic Association,  ce ne sono anche altri, sconsigliano l’assunzione di grandi quantità, nella dieta, di olio di cocco per la ricchezza di grassi saturi. Negli ultimi anni, a dispetto di quanto consigliato, l’olio di cocco ha conosciuto un aumentato consumo, soprattutto fra persone che acquistano prodotti nei negozi di alimentazione naturale (Wikipedia)
La British Hearth Association ritiene che non ci siano sufficienti ricerche per fornire una risposta definitiva sui grassi dell’olio di cocco.
Scritto da Angela Ballarati per http://www.naturopataonline.org/alimentazione/grassi/16111-olio-di-cocco-26-proprieta-e-benefici.html
Metti “mi piace” sulla mia pagina facebook: benessere natural-mente
Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a scopo informativo, si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare, evitare in caso di ipersensibilità accertata verso uno dei componenti. I suggerimenti e le indicazioni descritte in quest'articolo non intendono in alcun modo sostituire le terapie consigliate dal proprio medico curante. L'autrice non è responsabile delle possibili conseguenze legate all'incompleta od erronea interpretazione del testo. Le foto e i testi sono riproducibili, non a scopo di lucro, altrove, solo citando la fonte: autore e link attivo del blog. Questo blog non rappresenta una testata giornalistica poiché è aggiornato senza nessuna periodicità, pertanto , non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 07.03.2001.

it.wikipedia.org/wiki/Olio_di_cocco - .my-personaltrainer.it/nutrizione/acido-laurico.html - http://www.oliodicocco.eu/ - Curare in  maniera naturale l’ipotiroidismo Raul Vergini - www.bhf.org.uk/heart-matters-magazine/nutrition/ask-the-expert/coconut-oil - - www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17180807 - https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=coconut+oil+and+insulina (newsmax.com/Health/Headline/coconut-oil-reasons-use/2016/01/27/id/711517/ - (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26667739 - https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26788013 - https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24320105


domenica 11 dicembre 2016

FARINA di RISO: proprietà e utilizzi

FARINA DI RISO: farina bianca di riso o integrale?
Quella di riso è una farina da scoprire, è versatile e, naturalmente, senza glutine.
Lo sapete che potete far germogliare il riso integrale?
Qualche idea per l’utilizzo della farina di riso in cucina? 
Il riso, Oryza sativa, appartiene alla famiglia delle Graminacee, le sue origini sono orientali ed è stato introdotto in Italia, intorno al 1400. Senza dilungarsi troppo, è importante ricordare che ne esistono molte varietà e che in Italia si coltivano: Carnaroli, Arborio, Baldo, solo per citarne alcuni dei più noti. 

Il riso è ricco di amidi e scarso di lipidi, contiene proteine di buon valore biologico, vitamine del gruppo B, la vitamina E, oltre a minerali come il calcio, il ferro, il fosforo, il magnesio, il manganese, il potassio, il rame, il silicio e il sodio. 
Questi nutrienti mantengono la loro concentrazione nel RISO INTEGRALE o sbramato di risone, mentre diminuiscono (fino a quattro volte meno) nel RISO BRILLATO. 
A questo, per conoscenza, va aggiunto che il riso brillato subisce una serie di lavorazioni che lo privano della parte esterna (pericarpo), ricca di amminoacidi, e del germe, ricco di grassi essenziali; sostanzialmente avviene lo stesso per i chicchi di grano prima di essere macinati. 
Il riso brillato, quello che comunemente troviamo sugli scaffali dei supermercati, dopo la prima lavorazione, viene sbiancato, spazzolato con glucosio e talco, e successivamente brillato, cioè lucidato, con olio di vaselina (la vaselina è un derivato del petrolio). Sicuramente si conserva meglio, ha un aspetto (benedetta apparenza!) più invitante e più sano, ma è un alimento impoverito e sbilanciato da un punto di vista nutrizionale e alza l’indice glicemico, più o meno come succede per la farina di grano tenero 00.

Quindi, acquistatelo INTEGRALE, ma rigorosamente  BIOLOGICO, perché la parte esterna del chicco può trattenere sostanze nocive utilizzate nella coltivazione, come i pesticidi, ad esempio.
La piantina del riso ha la capacità, più di altri cereali, di assorbire arsenico dal terreno.
In commercio, la farina di riso, è essenzialmente ottenuta da riso brillato, ma è possibile trovarla di riso integrale, di semola bianca di riso, di semola integrale di riso (difficile ma non impossibile); quando è estratta dal riso bianco è sostanzialmente amido puro. Breve parentesi, l’amido di riso non va confuso con la farina, perché è ottenuto da un’ulteriore lavorazione effettuata per aumentarne la capacità addensante e la solubilità. Infatti viene utilizzato in cucina come addensante e in cosmetica per le sue proprietà emollienti e lenitive (amido di riso purissimo).

La farina di riso viene miscelata ad altre farine, quella di miglio ad esempio, ma io la miscelo anche con altre prive di glutine come quelle di grano saraceno o di quinoa (dato il sapore particolare, meglio aggiungerla a piccole dosi), ed è un’ottima sostituta della farina di frumento per chi presenta intolleranza al glutine.

E’ buona cosa, aldilà di chi non può utilizzare farine contenenti glutine, approfittare di tutte le farine, soprattutto di quelle che non contengono il glutine, perché nella nostra alimentazione questa proteina è troppo presente, ed è stata correlata all’aumento delle patologie autoimmuni. Pensateci, noi mangiamo pasta a pranzo e pane la sera, quando non abbinati nello stesso pasto, a questo aggiungete biscotti, snack, merendine varie … per 365 giorni l’anno, non sembrerebbe una dieta varia ed equilibrata!

Il glutine viene ritenuto responsabile di una serie di disturbi che va sotto la denominazione (recente) di “sensibilità al glutine non celiaca”.  Al momento non esistono biomarcatori specifici per diagnosticare  la NCGS (nonceliac glutien sensivity), la diagnosi è un dieta senza glutine. La NCGS comprende una serie di disturbi extraintestinali, dall’allergia alle malattie autoimmuni. Per approcciare:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26355401

Ma torniamo alla farina di riso.
Non presenta differenze rilevanti rispetto a quella di frumento, tolta l’assenza di glutine. Contiene una percentuale superiore di amidi e meno fibre, meno sali minerali, meno vitamina B2, e una maggior concentrazione di vitamina B1 e B3 (percentuali che si aggirano dal 3 all’8% circa), i valori di riferimento sono della farina di riso non integrale.

E’ una farina che ben si adatta in cucina, occorre comunque considerare che non contenendo glutine ha una resa diversa: le torte non lievitano come quelle contenenti farine con glutine, le crepes devono essere girate con attenzione, pena la rottura … ma vi assicuro che con qualche accorgimento ed un po’ di esperienza si può cambiare il menu.


QUALCHE SPUNTO PER UTILIZZARE LA FARINA DI RISO …

Si utilizza come addensante, per salse (anche la bechamel senza glutine ) e zuppe.

Si sostituisce alla classica impanatura, rende il fritto più croccante.

Si possono realizzare torte di mele, Pan di Spagna, crostate, biscotti, miscelando la farina di riso con altre farine, come quella di castagne, di cocco o di mandorle e aggiungendo mezzo cucchiaino di bicarbonato di sodio per favorire la lievitazione.

Le crepes sono deliziose, farina di riso, uova, latte di cocco e sciroppo di agave (o acero, miele, zucchero di canna), mezzo cucchiaino di bicarbonato di sodio ed il dolce è pronto. Una variante prevede l’aggiunta di uvetta sultanina ammollata.

Potete cucinare delle piadine, velocemente, miscelando farina di riso, sale, olio extravergine di oliva e un pizzico di bicarbonato di sodio. Si ottiene una pastella morbida che a cucchiaiate verserete in una padella antiaderente, cuocendo da entrambi i lati. Farcire a piacere, io le riempio con verdure tagliate a julienne (carote, zucchine, peperoni, cipolle) e saltate in padella con olio evo e salsa di soia, tipo involtini primavera.

RISO GERMOGLIATO

Ci avevate pensato? Anche i chicchi di riso integrale, naturalmente, germogliano, importante che il riso sia di origine biologica. Si sa che la germogliazione aumenta la bio-disponibilità dei nutrienti e l’acido fitico (antinutriente che riduce l’assorbimento di minerali come il calcio o il ferro) viene annullato o ridotto dalla germogliazione e dalla cottura.
Secondo la dietetica terapeutica cinese, il riso germogliato migliora la digestione, riduce il “calore interno”, e viene utilizzato a crudo. Viene fatto germogliare e tostare leggermente, successivamente viene ridotto in polvere, disciolto in acqua calda, in dose da 9 gr circa,  e bevuto.

Scritto da Angela Ballarati per http://www.naturopataonline.org/alimentazione
Metti “mi piace” sulla mia pagina facebook: benessere natural-mente
Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a scopo informativo, si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare, evitare in caso di ipersensibilità accertata verso uno dei componenti. I suggerimenti e le indicazioni descritte in quest'articolo non intendono in alcun modo sostituire le terapie consigliate dal proprio medico curante. L'autrice non è responsabile delle possibili conseguenze legate all'incompleta od erronea interpretazione del testo. Le foto e i testi sono riproducibili, non a scopo di lucro, altrove, solo citando la fonte: autore e link attivo del blog. Questo blog non rappresenta una testata giornalistica poiché è aggiornato senza nessuna periodicità, pertanto , non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 07.03.2001.