giovedì 25 febbraio 2016

TEFF e farina di teff, cereale senza glutine, integrale, digeribile e nutriente

TEFF e FARINA di TEFF: naturalmente senza glutine
E’ uno dei pochi cereali che può essere panificato ed è molto utilizzato nei prodotti da forno
Il teff o tef, Eragrostis tef, è un cereale dell’Etiopia e dell’Eritrea, risalente a prima del 4000 a.C.
La pianta può raggiungere il metro e i suoi semi, piccolissimi, sono tra i più piccoli al mondo, 1 mm. Deve infatti il suo nome, che nell’etimologia popolare significa “perduto”, alla facilità con cui possono scivolare fra le dita ed essere, appunto, persi.

Il teff, oltre ad essere privo di glutine, è adatto a chi soffre di celiachia ed è anche molto digeribile.

Ha un buon valore nutritivo determinato dalla presenza proteica, dal basso contenuto di grassi e dal buon contenuto di minerali e fibre.
100 g di prodotto sono costituiti da 65 g di carboidrati, 12 g di proteine e 2,1 g di grassi;  è ricco di fibre, contiene calcio, magnesio (che aiuta il calcio a fissarsi alle ossa)e ferro bio-disponibile, vitamina B1 e B2.

Il teff è integrale perché è impossibile separare la parte corticale date le dimensioni, quindi la farina è sempre integrale e questo è un vantaggio che rende integro, da un punto di vista nutrizionale, sia il cereale che la farina. Inoltre è un seme molto resistente all’umidità e alle muffe e riesce a germinare anche dopo 4 anni. 

E’ un cereale abbastanza calorico, fornisce 400 Kcal per 100 g di prodotto contro i 335 della pasta integrale o le 362 calorie del riso bianco.

Il teff può essere bianco o rosso, dove la varietà chiara presenta un costo maggiore per il tipo di coltivazione;  la farina ha una colorazione marrone chiaro e un leggero sapore di nocciola.

COME SI CUCINA

E’ molto simile all’amaranto e al miglio, non richiede ammollo, si cuoce in 20 minuti, a fuoco basso, con un rapporto di 4:1 cioè una parte di cereale e 4 di acqua salata. Fate assorbire l’acqua di cottura in modo che non si disperdano i sali minerali e condite con olio evo (extravergine di oliva) ed erbe o spezie in base al gusto personale. 
I chicchi sono talmente piccoli che, una volta cotti, ricordano per consistenza, il semolino, a me piace un sacco.
Si accompagna a verdure croccanti al vapore, formaggi e, in generale, potete seguire le ricette del miglio o  dell’amaranto.

La farina di teff è ideale per la panificazione, per la preparazione di dolci, come biscotti o torte e, con l’aggiunta di lievito, aumenta il volume più della farina di riso. Si utilizza  anche per pane, grissini e per la pizza.
In Etiopia si usa per produrre l’injera, una specie di piadina spugnosa acidula, fatta fermentare. La fermentazione aumenta il contenuto in proteine.
Adottatela da sola o miscelata con altre farine. Magari, se non la conoscete, iniziate con piccole aggiunte alle farine utilizzate solitamente, così potrete osservare la resa e tastarne il sapore.
Io mi sono buttata in una torta con sola farina di teff e il risultato ottenuto è stato all’altezza delle aspettative, dopo quanto avevo letto.
A breve sul blog pubblicherò la ricetta.

DOVE TROVARLO?

Si acquista nei negozi di alimenti biologici e naturali e anche on-line al prezzo di circa 5 euro per 400 g per farina di teff e 4 euro per il cereale in chicchi.

Scritto da Angela Ballarati
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Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a scopo informativo, si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare, evitare in caso di ipersensibilità accertata verso uno dei componenti. I suggerimenti e le indicazioni descritte in quest'articolo non intendono in alcun modo sostituire le terapie consigliate dal proprio medico curante. L'autrice non è responsabile delle possibili conseguenze legate all'incompleta od erronea interpretazione del testo. Le foto e i testi sono riproducibili, non a scopo di lucro, altrove, solo citando la fonte: autore e link attivo del blog. Questo blog non rappresenta una testata giornalistica poiché è aggiornato senza nessuna periodicità, pertanto , non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 07.03.2001.


domenica 14 febbraio 2016

Ricicliamo gli scarti della centrifuga:TORTA di MELE e CAROTE

COME TI RICICLO LO SCARTO DELLA CENTRIFUGA!
Torta di mele e carote al profumo di cannella
Non tutti i giorni, ma molto spesso, mi preparo dei concentrati di vitamine e nutrienti: i succhi.

I succhi altro non sono che dei centrifugati.

Ultimamente riscuote molto successo l’estrattore che, a differenza della centrifuga, gira più lentamente riscaldando meno gli alimenti, particolarità che dovrebbe conservare tutti gli elementi nutritivi intatti.
Il costo varia non poco anche se i prezzi sono calati e si trovano degli estrattori a 90/100 euro, mentre una centrifuga si acquista anche a 25 euro.
Beh, io ho ancora una vecchia centrifuga funzionante, e anche se il residuo non è proprio secco, segno che conserva ancora una piccola parte di liquidi, continuo ad utilizzarla sicura che molti nutrienti li ritrovo nel succo.
Il mio succo preferito è costituito da carote e mele: naturalmente dolce.
Il residuo lo possiamo destinare al compostaggio, ma a volte, quando si dispone di tempo, utilizzarlo, in una facile e veloce torta, ci “addolcisce” la giornata, inoltre possiamo sostituire i biscotti industriali, la merenda dei bimbi …
Ho utilizzato per dolcificare il miele e lo zucchero di canna, ma per utilizzare un dolcificante con minor indice glicemico possiamo sostituire lo zucchero di canna con lo zucchero di cocco o lo sciroppo d’acero.
Ho provato la versione Vegan e anche quella non Veg ed il risultato è ottimo, a mio parere, provateci e fatemi sapere.
Considerate che lo scarto della mia centrifuga è ancora abbastanza umido, quindi l’impasto ne risulta morbido. Qualora il residuo sia più secco, potrete aggiungere del succo di mela, dell’olio extravergine o del burro ghi per rendere l’impasto più morbido.

Ingredienti:

-      Residuo della centrifuga di 2 mele e 6 carote medie.

-      3 cucchiai (da minestra) colmi di farina di grano tenero integrale.

-      3 cucchiai colmi di farina integrale di riso.

-      3 cucchiai colmi di farina di mandorle, è lo stesso se utilizzate le mandorle intere e le riducete a farina grossolana nel mixer.

-      1 uovo o, in sostituzione per avere un prodotto vegan, una bustina di “senz’uovo" . “Senz’uovo” lo trovate facilmente nei negozi specializzati in alimentazione naturale ed è a base di farina di ceci, amido di mais, farina di semi di carrube e curcuma.

-      Un vasetto di yogurt. Per la versione vegan utilizzate uno yogurt vegetale, io ho utilizzato il Kefir di latte.

-      2 cucchiai colmi di miele, io utilizzo quello di acacia che ha un gusto delicato.

-      2 cucchiai colmi di zucchero di canna o zucchero di cocco.

-      1 bustina di lievito.

-      ½ cucchiaino da caffè di vaniglia in polvere.

-      Scorza grattugiata di un limone bio.

Lavorate il residuo con l’uovo, lo zucchero, il miele e lo yogurt.
Aggiungere, mescolando e ponendo attenzione a non formare grumi, le farine, il lievito e la scorza del limone.
Stendere in una teglia di diametro 26 foderata con carta forno e spolverizzare la superficie con cannella e zucchero di canna .
Cuocere in forno alla temperatura di 180° per 40 minuti.

Per la presenza delle mandorle è una buona e sana alternativa agli snack, a merenda o come spuntino a metà mattina.

Provate, sperimentate e fatemi sapere!


Scritto da Angela Ballarati
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mercoledì 3 febbraio 2016

Alternative allo zucchero: la STEVIA

Sostituti dello zucchero bianco: la STEVIA



La stevia, Stevia Rebaudiana, famiglia delle Composite, cresce spontaneamente in Sudamerica e raggiunge un’altezza di 90 cm. Nelle sue foglie verdi è contenuto, fino al 5 %, un dolcificante chiamato stevioside (ma è presente anche il rebaudioside per il 2%) che è circa 300 volte più dolce dello zucchero. La parte oleosa della pianta contiene numerosi steroli (stigma sterolo e campesterolo).
Esistono molte specie di stevia, più di 110, ma la specie risultata più dolce è la Rebaudiana (Soejarto, 1982) e sono stati individuati frammenti di un esemplare di 62 anni con caratteristiche dolcificanti che induce a pensare che le sostanze chimiche contenute siano molto stabili e possano mantenere le loro proprietà per decenni.
Alcune tribù del Sudamerica usano la stevia da secoli, il suo habitat naturale è infatti il Paraguay nordorientale. Da secoli utilizzano le foglie per addolcire il sapore amaro del mate e la scoperta occidentale si deve ad un italiano, Santiago Bertoni, nel 1887.

Nel 1921 fu presentata la Stevia, al Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti, come  “uno zucchero ideale e sicuro per i diabetici”, ma la FDA (Food and Drug Administration) non lo approvò come prodotto alimentare.
Una spiegazione può essere data sulla base di uno studio condotto nel 1985 presso il College of Pharmacy di Chicago che espose un ceppo di batteri, comunemente utilizzati per determinare la tossicità di una sostanza, allo stevioside. Furono notate delle modificazione del DNA dei batteri. E’ importante notare che le modificazioni avvennero solo in presenza di una frazione liquida derivata dai fegati dei ratti che erano stati trattati con un prodotto chimico e poi esposti ad altri composti chimici. Prima dell’esposizione alle suddette tossine non si era rilevata nessuna reazione.
Successivamente, nel 1993 i ricercatori dell’Università di Chang Mai, Thailandia, dopo uno studio per valutare gli effetti mutageni dello stevioside e dello steviolo affermarono “in vitro, in dosaggi limitati, lo stevioside e lo steviolo non sono nè mutageni né clastogenici (cioè in grado di danneggiare i cromosomi)”.

Secondo l’autore di “Stevia, l’alternativa naturale” il bando alle importazioni non fu giustificato da argomentazioni scientifiche.
Gli interessi di grandi aziende produttrici di dolcificanti, come l’aspartame, non potendo brevettare una sostanza naturale, osteggiarono in molti modi il suo ingresso negli Stati Uniti. Nel 1995 ne fu permesso l’ingresso solo come integratore, senza possibilità di menzionare il suo potere dolcificante.
Diversamente, in Giappone ed in Brasile, lo stevioside, l’estratto di stevia, è stato approvato per uso alimentare. In Giappone è stato introdotto come ingrediente edulcorante di alimenti e bevande a partire dagli anni ’70 e nel 1988 rappresentava circa il 41% della quota di mercato dei dolcificanti.
Anche se non esistono ricerche scientifiche sulla tossicità della stevia, si possono citare alcuni studi che evidenziano la sua innocuità.
Sono stati svolti studi su animali da laboratorio dove la stevia è stata somministrata a dosi elevate.

In uno studio del 1997, svolto a Tokyo, e pubblicato sul “Food and Chemical Toxicology”  con il titolo “La determinazione della cancerogenicità dello stevioside nei ratti”, per un periodo di 2 anni, su ratti, divisi in tre gruppi  dove il primo riceveva stevioside in concentrazione pari al 2,5% della dieta quotidiana, il secondo gruppo il 5% e il terzo non riceveva stevioside in quanto gruppo di controllo. I risultati  rivelarono la diminuzione di peso dei ratti e, rispetto al gruppo di controllo, l’esame degli organi e tessuti non rivelò differenze fra i gruppi. I ricercatori conclusero che “alle condizioni sperimentali, lo stevioside non è cancerogeno nei ratti”.
Altri studi successivi hanno stabilito che la somministrazione quotidiana di stevioside non provoca alcuna anomalia.
Va detto, a onor del vero, che la sperimentazione in vitro o su animali, non fa piena luce dei possibili effetti sull’organismo umano, ma questo è anche quanto accade, a volte, con altre sostanze commercializzate.
Oltre alle ricerche, a suffragio della innocuità, c’è l’uso secolare degli indigeni dell’area e per circa trent’anni del Giappone.

In Italia la stevia è disponibile in polvere, in gocce o essiccata (foglie).
La polvere di stevia, che si ottiene dalla macinatura delle foglie è una fine polvere verde.
Il suo sapore può variare dalla marca, a volte presentano un leggero retrogusto di liquirizia. Il suo stato più naturale è rappresentato dalla foglia fresca.
Le foglie essiccate e macinate di stevia si trasformano in una polvere verde che può essere utilizzata così com’è oppure si scioglie 1 cucchiaino da tè di polvere in 50 ml di acqua e si lascia a sobbollire fino ad ottenere uno sciroppo denso che si conserva in frigorifero.
La polvere di stevia ha il retrogusto più intenso per questo è meno popolare.
L’estratto bianco di stevia, che è una polvere, viene generalmente associato, nelle confezioni, ad un eccipiente, spesso maltodestrine. Nel mondo sono registrati centinaia di brevetti per ricavare l’estratto bianco di stevia che ha il retrogusto meno intenso rispetto alle altre forme di stevia.

I concentrati liquidi, chiaro e scuro, possono, secondo l’autore, essere realizzati portando a ebollizione 50 ml di acqua a cui vanno aggiunti 14 g di foglie di stevia essiccate e polverizzate. Lasciar bollire per 3 minuti, togliere dal fuoco e lasciare in infusione fino a raffreddamento; filtrare in una bottiglietta e conservare in frigorifero.

Conclusioni. “Anche se il potenziale terapeutico della stevia non è stato ancora completamente determinato, sono stati individuati molti effetti benefici. La parziale sostituzione dello zucchero con la stevia può avere un effetto positivo sul glucosio ematico. La stevia può essere utile per chi soffre di diabete, per chi vuole tenere sotto controllo e ridurre l’apporto calorico e per prevenire la carie dentaria.”

“In considerazione dei risultati di tutti gli studi pubblicati e considerato il suo consumo secolare in Sudamerica e in Giappone negli ultimi decenni, è nostra opinione che la stevia sia un prodotto innocuo, soprattutto nei dosaggi normalmente assunti in alternativa allo zucchero e ai dolcificanti naturali e sintetici.”

Il Professor Berrino è scettico e contrario, allo zucchero, così come alla stevia, vista l’intensità del gusto dolce, cosa può avvenire nel nostro intestino con una sostanza molto più dolce dello zucchero?
  
Le considerazioni sulla stevia hanno diviso le opinioni fra chi sostiene che sia innocua e chi invece afferma il contrario, di fatto attualmente viene utilizzata da molti produttori come integratore alimentare.

Aldilà di come gli autori di “Stevia l’alternativa naturale allo zucchero” riportino la produzione casalinga di sciroppo di stevia (sia chiaro che scuro) sarebbe opportuno conoscere i metodi di trasformazione industriale.

Scritto da Angela Ballarati
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“Stevia l’alternativa naturale allo zucchero” Tecniche nuove